Titanic feed tricolore

Titanic feed tricolore

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Il settore feed, inteso come persona, è in avanzato stato di decomposizione, visto dall’interno, mentre esternamente il paziente si presenta in frac, ultra sorridente e con bollicine a gogò: è il made in Italy, è l’esaltazione della qualità e di “quanto siamo bravi”.
Da qui l’immagine del Titanic, l’iceberg cozzava e si ballava e brindava. Tra le cause della decomposizione non c’è lo stato di colonia, e tutto il lavoro di sabotaggio per ottenere che il mercato tricolore diventasse colonia. Questo resta un punto molto critico e grave, ma avrebbe portato, come ha portato, ad un ridimensionamento del mercato, invece di un transatlantico si sarebbe trattato di una imbarcazione di 50 metri, magari di 10 metri. Questo è la dimensione. Ma anche un canotto con un motore da 25 cavalli ha la sua dignità. La decomposizione è la perdita della dignità, e la responsabilità e di coloro che operano nel settore. Coloro che hanno iniziato ed hanno operato negli anni ’60, oggi, grazie a Dio, stanno sparendo. Costoro non hanno fatto bene. Hanno operato male. Io personalmente provo vergogna, in quanto faccio parte di questa compagine. Sin dall’inizio il nostro era un mercato di specialità, diciamo da quarto scenario “zootecnia di territorio”, ma mentre il settore food si sforzava di creare valore, riuscendosi, dato che in letteratura, nella cinematografia, nei media esteri, il gusto e la cucina italiana hanno un posizionamento alto, il feed ha operato sui costi e sulle quantità: primo scenario “competizione dura”. Cosa ha provocato questo discrasia? La nave Peppa “a prua combattevano ed a poppa non lo sapevano”. Ha comportato le quote latte, l’operare per farsi del male: in questo blog sono riportati numerose situazioni. Ma oggi?
Oggi si continua. Manca la consapevolezza. Manca la direzione. Fare squadra tra food e feed non è più tempo (salvo le eccellenze sin quando resistono in specifiche oasi: pollo, tacchino, uova, vino), resta l’opzione di o fare fortino, riserva, oppure resistere (“finché dura fa verdura”) sapendo che la fine è inevitabile e vicina (la decomposizione).
Quando mi incontro con gente meno anziana, cerco di pesare come vede il futuro e lo percepisco esaminando i comportamenti. Normalmente trovo la risoluzione di tirare avanti, come sempre si è fatto, senza alcuna modifica. Trovo dei vecchi, anche se giovani. Proporre modifiche ai comportamenti proprio non se ne parla. Senti l’odore del chiuso, l’odore da tombino. Ed è questa decomposizione che rende fragile l’euforia del food. Fragile perché non è sistema. Se parli con quelli del food ti dicono “guai a noi mescolarci con quelli del feed, finiremmo sul giornale, in televisione, su youtube, meglio ma molto meglio comperare i nostri ingredienti da Francia, Spagna, Germania, Danimarca, ma se mi parli di qualsiasi comune o provincia o regione italiana, assolutamente no.”. Ma cosa fare per arrestare la decomposizione? Fare riserva. Non c’è alternativa. Avere la consapevolezza di essere riserva e di voler fare riserva. Mica facile.

About the author:

ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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