SOCIAL WASHING

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F. Salute a voi. Eccoci al bar del Gatto ad Ascona.

DSC: Salute a te, siedi.

D: Social washing? Ti ho sentito fare menzione di questo, ma cosa intendi?

F: E’ stato mio costume, come abito mentale, interessarmi del senso delle attività operative ed è per questo che mi sono interessato, insieme ai colleghi, nel cercare delle soluzioni per delle problematiche che stavano sullo sfondo e si vedevano con fatica.

C: Puoi fare degli esempi?

F: Negli anni ’80 la nostra attenzione venne attirata sul miglior utilizzo dell’alimento, in senso lato. Se l’alimento fosse stato utilizzato al meglio l’organismo vivente avrebbe avuto maggiori possibilità di difendersi e quindi una minore necessità di trattamenti terapeutici, ad esempio. Se l’alimento fosse stato utilizzato meglio gli obiettivi delle funzioni metaboliche sarebbero stati ottenuti in minor tempo e con una qualità maggiore con il beneficio del miglioramento del benessere dell’organismo. Se l’alimento fosse stato utilizzato meglio avremmo dovuto dare maggiore importanza all’alimento stesso sia come quantità che, soprattutto, come qualità.

D: E questo, in pratica, dove vi ha portato?

F: A chiederci chi ha la priorità nell’utilizzo dell’alimento? Demmo importanza alla flora batterica, che oggi viene definita microbiota. Dandogli importanza diventammo consapevoli che avremmo dovuto adoperarci che fosse attiva, anzi superattiva, e che ogni trattamento terapeutico costituisse una bomba atomica per il microbiota e che una superattività avrebbe significato un più veloce ripristino, un ritorno veloce alla ripresa del cammino dopo una esplosione. Dando importanza al microbiota ed alla sua attività ci è sembrato del tutto sensato occuparci di evitare qualsiasi interferenza che potesse rendere meno efficiente l’attività che, secondo noi, doveva, deve e dovrà tutta essere rivolta all’evoluzione ed alla complessità dei processi metabolici dell’organismo in funzione e dei diversi elementi di criticità: condizioni igieniche, qualità e quantità dei componenti l’alimento, acqua, aria e evitare gli stress.

C: Ma questo perché lo dici come se fosse una vostra esclusiva prerogativa? Chiunque fosse attivo nel settore avrà dovuto avere la stessa consapevolezza.

F: Non è proprio così. La totalità degli operatori era costituita da convinti antibioticocentrici. Con una passata di antibiotico risolvo tutto, con due ancora meglio. Con questa convinzione nessuna importanza veniva data al microbiota (Jean Pierre Henry nella Mècanique du vivant conferma (capitolo 1.2) che sino agli anni 70-80 la cellula veniva considerata dai biochimici come un “contenitore di enzimi”). Solo dopo e con fatica i biologisti si resero consapevoli della complessità, dell’importanza cellulare. Agli altri operatori interessava meno l’attività del microbiota, la qualità e quantità degli alimenti, le situazioni igieniche e gli stress: gli ombrelli dei trattamenti preterapeutici, terapeutici e post terapeutici, risolvevano tutto.

S: Mi chiarisci meglio ciò che questo vuole dire?

F: Voglio dire che se voglio dare all’alimento che produco o che somministro all’organismo vivente (uomo, animale) non posso non dare importanza all’attività del microbiota. Vale il contrario, se non dò importanza all’attività del microbiota significa che non dò importanza all’alimento, che è destinato ed elaborato dal microbiota. Dando importanza all’attività del microbiota necessariamente devo dare importanza a tutto ciò che interferisce negativamente con la sua attività. Ad esempio con qualità e quantità incorrette degli alimenti, apporti nutrizionali e/o terapeutici ridondanti e non strettamente necessari.

D: Sono d’accordo con quanto ci hai detto, ma quale legame con quella parola nuova Social washing che hai usato?

F: Facciamo una sosta. Stiamo vivendo le conseguenze del green washing. Come abbiamo avuto modo di discutere fra noi il green washing è una azione quanto mai opportuna. Una quantità crescente di dichiarazioni sul naturale, sul rispetto del territorio, su colture ed allevamento bio, giusto per dare una spolverata di verde, necessaria ed utile per influenzare l’immaginario del consumatore, ma nella pratica delle balle oppure delle menzogne o delle dimenticanze sulla completezza delle informazioni. Come vi ho detto io nutro dei dubbi su coloro che sventolano la bandiera del naturale e nella pratica non danno importanza alla salute dei manipolatori e l’ambiente. Perché questi valori vengono prima, debbono essere antecedenti.

Come per l’attività del microbiota: se dai importanza alla tua crocchetta, alla tua vellutata, alla tua polpetta, antecedentemente devi mettere attenzione all’attività del microbiota che riceve tutto ciò per elaborarlo e trasferirlo in sotto componenti all’organismo che li richiede quando ne ha bisogno.

Così se davvero promuovi la “naturalità” del tuo prodotto, atteggiamento e comportamento, necessariamente devi aver dato importanza ai manipolatori e all’ambiente. Sta venendo alla ribalta l’impegno per lo sviluppo sostenibile. Ed è un impegno importante, serio, da non rimandare. Non vorrei che come per la naturalità vi sia la schizofrenica ricerca della verniciatura di impegno, senza modificare, nella sostanza, i comportamenti. Vedo quindi l’apparizione del social washing, chiamando così, l’azione volta a smascherare chi dà una verniciata all’impegno sociale, a parole, ma non nei fatti.

Parleremo insieme di questa possibilità leggendo gli impegni e considerando in pratica le azioni.

Ci prendiamo un altro caffe?

About the author:

ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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