Il senso
2024-12-03non sempre ciò che capiamo è quanto tratteniamo da quello che ci viene detto e non sempre ciò che campiamo poi lo applichiamo e se lo applichiamo facciamo del nostro meglio.
Il periodo della pandemia ha innescato la dilatazione di contraddizioni i cui segnali erano percepibili in modo flebile. La globalizzazione ha raggiunto alcuni punti che hanno modificato anche in modo profondo alcune costruzioni che tenevano in vita un ordine sociale, anche se perfettibile.
Alcune produzioni venivano e vengono delocalizzate, usufruendo di aperture ed aiuti, anche con risorse delle nazioni che le subiscono, ed una delle ragioni è che in queste si rendevano e si rendono sempre più stringenti i diritti acquisiti, le norme relative alla sicurezza ed alla fiscalità, la perdita di credibilità dell’organizzazione sociale (partiti, sindacati, governi, CEE, gestione della povertà e dell’emigrazione e dell’ordine) tamponata con aiuti monetari miserrimi ma sparsi a diversi soggetti affinché possano, in certi casi, non essere motivati a dare un senso sociale alle loro attività operative, in particolare a giovani non intenzionati alla continuazione degli studi, aiutati inoltre anche finanziariamente dalle generazioni precedenti che avevano dei risparmi, in forte prosciugamento, e la cultura della sobrietà.
Per far fronte alle difficoltà, soprattutto per la mancanza di visioni, si è pensato dall’alto, per trattenere quel minimo consenso sociale, di aumentare la massa monetaria, in maniera forse esagerata e con diversi pretesti. Mentre dal basso si constatava e si registra la variazione delle proprietà di piccoli e medi esercizi ed attività, tutti legati a situazioni di importazione di beni. Importazioni per le quali, vedi alcuni post al riguardo, il bene effettivo era talvolta non bene individuato (cocaina, eroina).
Diversi post, frutto dei segnali flebili, hanno riguardato alcuni casi in Europa e nel mondo, evidenziando delle situazioni talvolta difficili da comprendere, data la fretta e la critica superficiale. Alcuni spunti che sono trattati nei post:
Negli scenari per il futuro a breve si parla di sobrietà, di limitazioni di alcuni consumi, di quote di produzione. Per lo sviluppo durevole lo spreco è considerato un errore da aborrire. Si stima che il 30% dell’alimentare venga eliminato perché appena scaduto e non utilizzato. Si stima che la rete idrica, e mi sto riferendo al territorio italiano, perda e disperda lungo il tragitto l’80% del totale.
Ma occorre un consapevole approfondimento. Se lo spreco è da aborrire, la super produzione non ha la stessa valenza? Non è la stessa medaglia?
Una maggior produzione, pensiamo al latte ed alla carne in Paesi quali Francia, Spagna, Olanda, Germania, Danimarca, Brasile, Argentina non significa impedire ad altri Paesi, ad esempio l’Italia, di arrivare all’auto approvvigionamento?
“Ma allora sei per l’autarchia!”.
E’ una cosa seria. Sono per l’utilizzo consapevole del territorio. Rileggo e faccio mie la morale delle parabole di Gesù dei talenti e del vignaiolo. Le andiamo a rileggere insieme?
La cura del territorio passa da un consapevole utilizzo, e questo vale per le produzioni agricole e zootecniche, per le energie e per i termovalorizzatori per i rifiuti prodotti nel territorio.
Non vogliamo trivellazioni da noi ma non abbiamo niente da dire se le trivellazioni vengono eseguite nel mare Adriatico in Croazia o nel Mediterraneo in Algeria, o altrove, trasportando il combustibile con oleodotti ed altro sino alla nostra porta: tanto abbiamo le risorse finanziarie! Non vogliamo i termovalorizzattori o gli inceneritori, ma ci va bene che i nostri rifiuti, sempre in aumento come quantità, vengano caricati con vari passaggi su camion, poi treno, e portati in territori un po’ lontani, che non vediamo. Ma tanto per le energie che per i rifiuti non vi sono anche là delle esigenze sociali ed una sensibilità estetica che noi riteniamo di avere? Oppure là non ci sono i problemi di salute per cui non vogliamo né le trivellazioni né i termovalorizzatori? Eppure là sui termovalorizzatori in centro di spettacolari città sono in funzione piste da sci e passeggiate per bambini. Dove sono gli interessi ed il lavorio delle barbe finte?
Produrre sul territorio significa quanto meno diminuire le distanze, diminuire lo spreco di risorse.
Se poi Michel Rocard, ministro dell’Agricoltura francese, 40 anni fa affermava “Noi francesi ci turiamo il naso (si riferiva a maiali e bovini) e preferiamo produrre delle eccedenze alimentari tenendo occupate le risorse, anziché pagare aiuti per la disoccupazione”, non la raccontava tutta: la super produzione era utile e concertata con altri Paesi super produttori e cointeressati alla spartizione della torta. L’obiettivo era, con delle offerte ad hoc, far sì che i prezzi, nei territori target o colonia non permettessero lo svolgimento profittevole di attività di territorio che arrivassero ad una minor dipendenza, ad una maggiore cura del territorio, ad una naturale e intelligente utilizzazione dei residui alfine di diminuire la dipendenza, ad esempio, di concimi chimici. Questi sono solo alcuni spunti, lo spirito ed il senso e le attività delle barbe finte, sono stati trattati in FAS ET NEFAS.
Ora oltre alle pandemie c’è una guerra, ma sempre c’è da qualche parte una guerra, ed un aumento vertiginoso delle energie e di tutti i componenti di quanto utilizziamo, in particolare dell’agroalimentare. Ed i risparmi delle generazioni sobrie passate si sono affievoliti, e di molto.
Mala tempora currunt? No, siamo vissuti milioni di anni senza riscaldamento e con cibo appena sufficiente. E’ necessario ritrovare il senso, anche nelle proprie decisioni.
Non ha senso e porta guai ad essere noi a voler essere colonizzati e questo non lo dobbiamo dimenticare mai.
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