Ma allora si poteva!

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Abstract: a confrontation with the market: Italy that import 50% of milk and meat (bovine and swine) from UE contries and Switzerland, a little country that produce more of his consumption than the green Italy. The reason: THE FITH COLUMN ACTIVITIES.

Ma allora si poteva!

Sono vissuto in un periodo in cui il nostro settore non voleva che entrassero facilmente sul territorio delle derrate alimentari, in particolare carni e latte, quando il settore si sentiva in grado di assicurare l’autoapprovvigionamento. Mi ricordo numerosi incontri in occasione delle Fiere più importanti. E mi faceva specie che i prof. Confermassero l’ineludibilità della dipendenza dalle importazioni. Le importazioni venivano da paesi vicini, paesi industriali, ma che mantenevano una industria agricola e zootecnia molto forte, in grado di produrre in misura notevolmente maggiore rispetto all’autoconsumo. Il semplice ragionamento di noi, operativi del settore, era che se questi paesi avevano dei surplus produttivi, che non potevano essere internamente consumati perché la conservazione presentava dei seri problemi, sarebbero dovuti essere smaltiti come rifiuti. Ed era il periodo in cui era di moda parlare di quote. Invece, questi surplus, erano venduti ad un prezzo delle derrate alimentari autoctone appena al di sotto al limite di sopravvivenza. L’obiettivo era quello di IMPEDIRE che il settore locale arrivasse all’autoconsumo. Ma questo obiettivo NON poteva essere raggiunto se non con la CONNIVENZA di numerosi attori locali. Questo aspetto lo abbiamo esaminato in precedenti post, a cui si rimanda. Ora mi trovo ad esaminare una realtà da 4° scenario: i servizi di territorio. Il 4° scenario è stato descritto a suo tempo[1], il 4° scenario si produce quando il territorio viene percepito dalla nazione come bene importante, e quindi tutti i servizi collegati al territorio diventano una risorsa strategica. Senza questa percezione il 4° scenario non si produce. Il fattore critico riguarda gli operatori del settore zootecnico ed agricolo nel caso di altri scenari, poiché mentre nel 4° scenario il loro “valore” è percepito come molto alto, negli altri il loro valore è neutro se non nullo.

La Svizzera non brilla per essere una terra fertile. Il territorio ha una superficie di 41.285 km2 con il 3,7% coperto da acque dolci, ed una densità di 197 abitanti/km2, per un totale di 8,3 milioni di abitanti. Il confronto è con un territorio di 301.340 km2, di cui 2,4 di acque dolci, con 60,8 milioni di abitanti ed una densità di 201 abitante/km2. Gli svizzeri mangiano 52,4 kg di carne, senza contare pesce e crostacei. Il 75% degli svizzeri mangia carne 3-4 volte la settimana, il 18% tutti i giorni, il 2% non mangia carne. L’81% dà molta importanza alla provenienza e preferisce carne svizzera. I dati confermano[2] che la carne prodotto in svizzera è: per il vitello il 97%, per il maiale il 93%, per il manzo l’80% e per il pollo il 54%. La consistenza del patrimonio zootecnico è 1,6 milioni di bovini, di cui 700 mila vacche, 1,6 milioni di suini, 420 mila ovini, 90 mila caprini, 60 mila cavalli e 9,4 milioni di polli. L’80% di quanto consumano di carne gli svizzeri se la autoproducono. Ma la quinta colonna, almeno qui, non ha potuto esprimersi come ha fatto nel paese vicino. Le informazioni al consumatore sono complete sia nel negozio al dettaglio che nella grande distribuzione ed anche al ristorante: ieri sera la carne di bovino che avrei potuto ordinare proveniva o dall’Uruguay oppure dall’Argentina, ed ero in un ristorante davvero piccolo e di non grande fama: ma l’informazione c’era. Mi accingo quindi ad andare a vedere come mai la quinta colonna (D, F, Nl, E, Dk, separatamente o in concorso tra loro) qui non abbia avuto vita facile.

[1] Scenari (2002)

[2] Coop.ch

About the author:

ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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