Il senso
2024-12-03non sempre ciò che capiamo è quanto tratteniamo da quello che ci viene detto e non sempre ciò che campiamo poi lo applichiamo e se lo applichiamo facciamo del nostro meglio.
Sempre al bar del Golf di Losone sono interessati al racconto. Che vi devo dire, avevo 32 anni. Abitavo in una villa in affitto in un residence orizzontale. Fermai per un mese una casa, sempre nel residence. Era la casa di vacanze, del fine settimana, di un famoso Avvocato di Milano, era posta su un poggio ed aveva un giardinetto, 5×5, interno. Mia moglie storceva il naso. “Ma vedi un po’ tu. Questa è una camera da letto è ha 4 porte, 3 finestre e non c’è posto nemmeno per un armadio. Loro possono tenere le loro cose in uno zainetto, ma se dobbiamo viverci?”. Come darle torto? Poi il caso, la coincidenza come dice Celestino. Proprio accanto alla abitazione in affitto vi era una casa tutta bianca, in uno stile un po’ spagnoleggiante o meridionale. Era abbandonata mi dicevano da 10 anni. Alcune grondaie erano staccate. L’erba del giardino che potevo vedere affacciandomi al basso muretto di divisione, era altissima. E poi il pallone con il quale giocavamo aveva scavalcato il muro e lo andai a raccogliere. Feci un piccolo giro e mi resi conto che un vetro di una finestra era rotto. Le mie figlie mi avevano raccontato che era la casa dei loro giochi. Vi trovavano di tutto, compreso il materiale per farsi una casa sull’albero in un bosco vicino. “Piastrelle? Tante piastrelle? Ma piena di bisce. Entrare nella piscina coperta fa paura.”. Presi una torcia, riscavalcai ed entrai. Era bianca anche dal di dentro. Le piastrelle erano in cotto, i gradini in grafite nera. Sembrava un monastero. Un camino occupava quello che doveva essere il salone. Era davvero grande. La piscina l’avevo vista dall’esterno, scostando l’erba alta. Discesi nella taverna, spaziosa con un bar il cui piano era di pietra grezza di un bastione. Poi vidi una porta sbarrata. L’aprii e la porta mi affascinò: era un tronco d’albero al quale era stata aggiunta la porta. Il tronco girava e la porta si apriva e si chiudeva. Mi sedetti vicino al camino della taverna, vicino alla porta. Ero preso.
“Telefono al proprietario C. Comunque se mi chiedi solo di cambiare un chiodo o una vite non se ne fa niente.”.
Incontrai il signor C. figlio di famiglia benestante. Aveva seguito la costruzione della casa, il disegno e l’idea era del professore di architettura di Venezia, e tutti i dettagli. Lui suonava il contrabbasso, aveva l’hobby delle trasmissioni via cavo (questa era la ragione dell’antenna di oltre 12 metri che si trovava in mezzo al giardino, e delle oltre 1000 schede di contatti con privati, navi, altro da tutte le parti del mondo, ed aveva anche l’hobby del modellismo, specialità trenini elettrici.
“Ma quanto vuole?”. “Venga che le mostro la casa.”. Per lui era stata un progetto. Sempre nel residence aveva terminato la costruzione della casa anche dei genitori, sempre con lo stesso architetto, sempre bianca, a porticati con un grande cortile a sassi nel mezzo e le tre ali che facevano la casa. Mi parlò della sua e quasi si commuoveva. Per la trattativa non andava bene. Dissi che avrei chiamato mia moglie, anche perché non volevo sentire una storia strappalacrime. Mia moglie venne e la prima cosa che fece aprì alcune finestre. Le aprì e le chiuse. La finestra si apriva, e subito dopo dovevi aprire una zanzariera con due antine di ferro, e poi due antone di legno con doppia sbarra di ferro in alto ed in basso, ed un catenaccio (un cadenàss). Mia moglie storceva il naso perché l’operazione non era semplice. Quante ce ne sono? Erano 30. Ci lasciammo e mi disse quanto richiedeva, ma che era pronto a trattare. Lo feci il giorno dopo. “260 milioni di lire, così com’è, e mi deve la risposta al massimo entro domani, perché ho una opportunità per la casa di Via Repubblica a Milano, dell’Avvocato della casa sul poggio che era passato a miglior vita”. Gli chiarì che volevo rogitare al più presto e che avrei pagato il tutto al rogito. Il giorno dopo mi telefonò. “Va bene. Il rogito potremmo farlo dal mio notaio, che ha tutte le carte, settimana prossima o questa.”. “Questa”.
Andai dal notaio e fui accompagnato da mio padre. Il Signor C era visibilmente contento. Quando aveva visto mia moglie aprire e chiudere le finestre e chiedere quante ce ne fossero era sicuro che come in tutti gli altri casi in cui aveva ricevuto interessati compratori, non se ne facesse un bel niente. Per lui la casa era una fortezza. Non gli dissi che il secondo colpo di fulmine fu girare il cadenàss. Rogitammo. “Adesso venga che le devo dare le porte che ho nel magazzino delle stoffe di famiglia insieme a tutto l’arredo.”. Non mi ero accorto che mancavano le porte alle stanze. “Vivevo con la mia compagna che avrebbe dovuto diventare mia moglie. Poi appena sei mesi dopo che abitavamo nella casa, litigammo, e lei cercò di togliere alcune piastrelle con il cacciavite che si trovano nel locale dopo la cucina, tolse dai cardini la porta del servizio principale e se la caricò in macchina. Non l’ho più vista.”. “piastrelle?”, “Sono antiche e sono molto belle.”, “Porta del servizio?”, “Eh si, come avrà notato non tutte le misure delle entrate dei diversi passaggi sono uguali, così, prima andai con l’architetto alla ricerca delle porte, e poi i muratori fecero il contorno.”. Così dicendo mi mostrò una ventina di porte. Di legno, una diversa dall’altra. “Sa manca solo la porta del servizio, ma quella la prese la mia …. “, “Si, me lo ha già detto, ma come si fa?”. “Se vuole andiamo qui vicino, in via della Spiga, c’è un antiquario che conosco..”. Andammo mio padre aveva le misure dei muri della entrata nel servizio. Scelse due ante di un armadio. Si presero solo le ante, le avrebbe adattate lui. “Questa le devo pagare io perché la porta mancava.”. Nel magazzino vidi il modello di trenino: aveva occupato due stanze, vi erano tre stazioni ed era a due binari. I vagoni merce erano scaricabili; vidi anche alcuni mobili che componevano la sala musica. “Cosa vuole per la casa dei genitori?”, “Se la vende, a me sta bene qualsiasi cifra, mi fido di lei.”. Telefonai ad mio conoscente lodigiano. Venne a visitarla. La casa lo colpì, in particolare il forno a legna nella cucina quale mezzo di cottura, fra tutti gli altri di una supermoderna cucina. Mi accordai. Telefonai e settimana dopo anche questa era stata venduta. Nel garage di quella che ora era casa mia vi erano anche delle ante di ferro della casa dei genitori, ora casa del mio conoscente. Glielo dissi. La sicurezza per lui non era importante. Vennero sloggiate da un robivecchi. Per me la sicurezza era importante. La mia casa era fatta a blocchi. Mano a mano che venivano chiusi con sbarre, diventava inespugnabile. Era facile uscire, ma entrare, anche per noi, sarebbe stato un problema. Poi con 30 finestre 30 e noi giovani imprecisi, non vuoi che qualche finestra venisse dimenticata?
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