opportunità per favorire la crescita
2024-12-23R&D, riserve per utili non distribuiti, visione critica e negativa del fisco che si è intascato gli utili e li vuole anche in anticipo, per poi avere un atteggiamento ostile.
L’atmosfera melidiana non impedisce di parlare di argomenti complicati quali la gestione del potere dittatoriale, condiviso e democratico, in ogni campo ed in periodo dove l’incertezza la fa da padrona e ad ogni momento può manifestarsi come pericolo o rischio di pericolo.
Sento talvolta affermare che i regimi autoritari sono più efficienti dei regimi liberali in situazioni di crisi o di incertezza, situazioni che diventano maggiori numero, di ambiti e di dimensione. Per fare alcuni riferimenti a ruota libera: bolla stratosferica USA nel 2008, nel 2012, Crimea, Africa centrale, Covid, Brexit, Donbass, attacco terroristico Hamas, Haiti. Ma anche le situazioni limitate ma fuori controllo: le decisioni in Francia relative al rimpatrio di malviventi clandestini e la dittatura giuridica, le abitazioni occupate e gli scippi protetti da un non intervento, le direttive UE che incidono nella distruzioni di asset storici in nome di necessità improrogabili, Gilet Jaune e la dittatura del popolino con immediata retromarcia in alcune decisioni centralizzate da dittatura gestionale, rivolta dei trattori con dittatura dell’occupazione di strade e di accessi contro dittatura di decisioni miopi. Riprendo, dopo la digressione,. L’affermazione sulla maggiore efficienza della gestione dittatoriale viene supportata anche dal fatto che nelle elezioni, svolte in diversi Paesi e in diversi tempi, la percentuale degli astenuti sale, e questo nei Paesi definiti come regimi liberali. Fondapol (fondazione francese per l’innovazione politica) misura, ad esempio, l’indice di prestazione elettorale e risulta, nel 2022, che “comportamenti rilevanti della protesta elettorale, hanno riguardato più di tre quarti degli elettori per il presidente della repubblica : 76,9% per il primo turno, ed il 77,3% per il secondo turno. Il totale dei voti espressi in favore dei candidati protestatari è passato dal 29,6% nel 2002 al 55,6% nel 2022 (fonte Reune – Fondapol 2022). Attraverso questa inchiesta viene confermato che una parte considerevole di cittadini francesi apprezzerebbe favorevolmente una soluzione autoritaria, in particolare per i più giovani, disposta ad affidare il potere ad un uomo forte oppure all’esercito.
In maniera superficiale suddividiamo in dittatura e democrazia l’organizzazione politica (la gestione delle cose da fare). Discendono dei macro distinguo, ad esempio:
Dittatura: Cina, Russia, Corea del Nord.
Democrazia: Francia, Svizzera, Inghilterra, Italia, Usa.
Ma questi distinguo andrebbero attentamente valutati e analizzati nelle loro componenti dei differenti ambiti gestionali.
Allargando la conoscenza nelle tre dimensioni ci rendiamo subito conto che la macro suddivisione pecca di superficialità. Si rendono necessarie delle definizioni e per facilitare il compito curiosiamo su Wikipendia (questo passa il convento ed non è il massimo).
Il termine [dittatura] compare per la prima volta in De Republica e Pro Milone di Marco Tullio Cicerone. L’etimo deriva dal latino dictatura, la carica romana del dictator, titolo che un magistrato, ai tempi della repubblica romana, poteva ottenere dal Senato per essere investito di pieni poteri politici e militari in tempo di emergenza (dictator romano). Il concetto di dittatura nasce come fondamentalmente diverso dai concetti di dispotismo e tirannide, che erano designati come forme degenerate di monarchia nell’antichità e nel Medio Evo, e nella prima età moderna. Il significato di venta negativo con la Rivoluzione francese; il terrore, instaurato da Robespierre, venne chiamato dittatura con un riferimento ad un regime politico tirannico. Nell’uso attuale del termine sono presenti sia il significato più attuale che quello meno recente, lasciando assumere al vocabolo un concetto bivalente: dittatura assoluta e incostituzionale e dittatura costituzionale.
Dittatura assoluta
La dittatura assoluta (dal latino absolutus: participio passato di assolvere, quindi liberato: libera da qualsiasi limitazione) è l’accezione più moderna del termine dittatura, ovvero una forma di governo autoritaria, arbitraria e coercitiva stabilita e mantenuta con la violenza, di natura eccezionale ed illegittima, caratterizzata dal concentramento di tutti i poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) in un solo capo che può corrispondere in un singolo o in una giunta, che è incompatibile nei confronti del pluralismo politico e delle libertà politiche e civili, di un governo costituzionale e del principio di isonomia [dal greco isos =uguale e nomos = legge].
Dittatura costituzionale
E’ una forma di governo classica degli stati costituzionali democratici che prevede, durante uno stato di emergenza, il consenso costituzionale di un accentramento, solitamente breve, dei poteri verso un organismo istituzionale per la sopravvivenza dello stato stesso. Il dittatore non ha poteri assoluti e la sua autorità resta limitata dalla costituzione vigente. Baluardo della dittatura costituzionale fui la repubblica romana, ad ad oggi, ordinamenti come Usa, Francia, Italia, Germania, includono clausole che rendono possibile un accentramento del potere.
Nella lettura delle prime frasi di Wikipedia vi è molto politichese. E questo modo di esprimersi, in politichese, è una delle cause della disaffezione della partecipazione alle elezioni. Partecipazione alle elezioni è una espressione poco chiara. La partecipazione alla gestione delle cose da fare mi sembra una spiegazione migliore alla parola elezioni. Difficilmente qualcuno può non avere interesse nel partecipare alle cose da fare. In questo caso, se non partecipa, può sempre nominare una suo rappresentate per le cose da fare. Il fine è: le cose da fare. In subordine: come fare le cose da fare. E poi quanto costa, con che soldi, con che benefici. Per quale ragione in una situazione simile può crescere il disinteresse e al contrario crescere un auspicio per la dittatura?
In effetti ognuno di noi sa o presume di sapere le cose da fare, ed ognuno, in un modo o nell’altro sa o decide il come fare le cose da fare. Questa è una conoscenza ed una capacità di applicazione innata. Ciascuno con il proprio stile, metodo. Quando la gestione riguarda la cosa pubblica uno si chiama fuori perché ritiene l’ambito troppo amplio per se stesso. Ma come ritornare alla dittatura ed alla gestione democratica? In casi particolari oppure in casi di emergenza diventa naturale aver fiducia in una persona che si riconosce capace e che ha spirito di iniziativa e che ci ispira fiducia, difronte ad un nostro disorientamento. Ci è capitato molte volte nella vita: in famiglia, ad esempio, con la figura genitoriale e paterna, nel gioco di squadra nell’individuazione del capitano, in gita in montagna con neve, oppure in barca con il mare improvvisamente furioso. Vi sono numerosi esempi di dittatura intesa come nomina di un capo con poteri.
Ogni chiesa, ogni gruppo associativo, i monasteri e conventi. In questi casi si preferisce avere un capo, un capitano e se poi la gestione non ci convince si può sempre cambiare. Nella dittatura politica è proprio il “si può sempre cambiare” che costituisce il problema. D’altronde negli esempi di gestione liberale anche qui perde il valore del senso “si può sempre cambiare”; cambiare come? con chi? Uno vale l’altro ed è a questo punto che la disaffezione cresce. Forse non cresce la protesta ma il ritenere inutile il partecipare, il che è ancora peggio.
Cerchiamo di allargare l’analisi prendendo in considerazione tre aree, come esercizio.
Vi troviamo due aree: della ignoranza e della conoscenza con una dinamica reciproca: si può andare dall’ignoranza alla conoscenza oppure dalla conoscenza all’ignoranza.
Nell’area della conoscenza vi è la ricerca e la conquista della certezza.
Nell’area dell’ignoranza vi è l’incertezza del posizionamento.
Nel mezzo delle due aree ve ne è una terza: l’area del rischio. Vediamole un pò più da vicino.
Area dell’ignoranza
L’area dell’ignoranza fa parte del nostro DNA. Non sapevamo dove fossimo e se esistessimo, non avevamo nessuna conoscenza del tempo, del momento e dello spazio, e ci siamo trovati nel bel mezzo di oltre due milioni di simili a correre, ad essere spinti verso l’ignoto. E dato che solamente uno solo riesce, è capitato ad ognuno di noi ed è il momento in cui il proprio 50% di allele, accoppiato al 50% di un allele del tutto ignoto, ha dato origine al miracolo: si è dato vita all’individuo, a me. Più ignoranza di così! Ed è il cammino di ognuno di noi e dell’umanità. Il parallelo tra feto e crescita sino ai 12 anni è il ripercorso nella preistoria dell’homo sapiens. E’ il predominio dell’ignoranza del sè, e di tutto ciò che ci circonda. E’ l’imprevedibilità. Ed i risultati sono sconosciute probabilità. Ciò che vale è il pensiero euristico: scopro, trovo, provo. E’ la ricerca anche ridicola dell’approccio alla soluzione dei problemi, quando tutto è un problema: il movimento di una mano, di un piede, della vista, delle parole, dell’equilibrio. Ignorante e goffo. E’ l’apprendimento: prova e sbaglia: trial and error. In questa area le situazioni sono nella maggior parte dei casi inedite, non si conoscono. Non vi è nessun dato. Non vi è alcuna rilevanza statistica. Vi è l’assenza di informazioni. Vi sono ordini detti di differenti capi oppure ordini naturali.
Area della conoscenza
Inizialmente è la fase della religiosità ed arriva presto il predominio dei dogmi. Dogmi e tabù. L’evoluzione può portare alla fase della razionalità, dell’osservazione e della ricerca del proprio benessere al trovare il meglio, secondo le circostanze, ed evolve nella fase della scienza: pro e contro, esame, approfondimento della conoscenza.
Importante è il concetto di probabilità perché lo sguardo può andare oltre al presente, può rivolgersi al futuro. Il materiale tecnologico è il pensiero scientifico che si basa su ipotesi razionali che potranno o meno venire convalidate da esperimenti.
Fra le due aree ve ne è una terza che si allarga: l’area del rischio.
Il rischio è possibile ed è conosciuto: “so che potrebbe succedere”. Se succede quali sono i criteri per valutarlo? La statistica diventa pensiero, la statistica influenza le azioni prima, durante e dopo (sondaggi, exit poll, ad esempio). E’ l’area della modernità ( il moderno è sempre esistito e continuerà ad esistere9: Convivono in questa area sia la conoscenza che l’ignoranza. E’ la possibilità del rischio calcolabile. La tecnologia prevalente è il pensiero statistico. Verso l’area della conoscenza ed ha metà dell’area del rischio si colloca il regno dei pensatori critici e di tutti coloro che: “va bene, ma….”, e vi sono i percorsi tra le due aree che possono andare nei due sensi. Se il modello delle previsioni stanca si diventa agnostici sugli obiettivi e ci si concentra sui mezzi. Se vi è emergenza vado verso un modello autoritario, al contrario verso il modello della decisione collettiva, con tutti i problemi insiti in questa direzione. Si vi è un minimo di pragmatismo si lascia la ricerca dell’ottimo e della perfezione per preferire la miglior soluzione momentanea, quello che va bene o che funziona meglio, adesso, in questo momento, anche se non è l’ottimo. Se vi è il modello dittatoriale è difficile non avere come obiettivo la perfezione. Al massimo la perfezione è fare ciò che dice il capo. E se non lo si fa vi è l’annientamento. E siamo tutti convinti che ciò che cresce in maniera enorme è l’incertezza. E’ possibile gestire l’incertezza? Possiamo sperimentare tale gestione? A parte che l’abbiamo sperimentata e gestita tutti, ognuno di noi.
Il modello di decisione autoritaria (incostituzionale o costituzionale) si basa sull’idea che sia sufficiente definire un fine, un obiettivo nel futuro e poi di trovare le risorse per raggiungerlo. La sua evidente fragilità è che non funziona di fronte all’incertezza ed in un mondo sempre più complesso, perché diventa difficile definire gli obiettivi, ancora più difficile condividerli, e ancora di più ottenerli. L’incertezza fragilizza le basi del modello dominante: le previsioni vengono facilmente smentite oppure ciò che si ottiene è un compromesso davvero minimo rispetto al risultato atteso. In un mondo in cui predomina l’incertezza i vantaggi rivendicati dai sistemi autoritari vengono messi in discussione. Prima di tutto la rapidità di azione dovuta all’assenza di discussione, suppone che la decisione sia relativamente semplice da prendere e che i limiti essenziali per definire l’obiettivo sia alla portata dei dirigenti. In un contesto di incertezza, la difficoltà è di elaborare la buona decisione, e questo è complicato perché implica di avere la capacità di metabolizzare e fare proprie delle informazioni rare e fluttuanti (non serve andare veloci se si è presa una decisione assurda e sbagliata). Ma è altresì problematico voler mantenere la coerenza in un mondo che non sta fermo, si muove, è dinamico e concorrenziale. La stabilità (base del potere dittatoriale) privilegia la continuità e non il cambiamento. In questo contesto fissare degli obiettivi di lungo termine è un esercizio molto rischioso, perché gli obiettivi dovranno essere rivisti, rimodulati, anche nel breve periodo. I regimi che hanno maggior autoritarismo hanno normalmente messo in moto una potente macchina organizzativa per raggiungere l’obiettivo e questo obbliga ad essere reticenti sui cambiamenti perché fragilizza la pretesa che il capo sappia o sapesse: il caso non sbaglia. E di conseguenza cosa si fa il capo in questo caso? Persiste nella direzione sbagliata. Hitler nel bunker che ordina ancora di avanzare, oppure la Cina nell’assurdo obiettivo di zero Covid.
Frank Knight ci offre l’immagine di chi sa muoversi, vivere, operare nell’incertezza: l’imprenditore. E questo non sorprende. Gli imprenditori sono gli attori economici che agiscono nell’incertezza per ottenere un profitto, creando domanda, mercati, prodotti ed organizzazione. Saras Scrasvathy ha dimostrato che, contrariamente a ciò che è l’opinione generale (doxa), gli imprenditori non sono necessariamente visionari, non fanno previsioni o impegni organizzativi a lungo termine per riuscire. Al contrario la maggior parte dei successi industriali, sia grandi che piccoli, è iniziata da un’idea semplice o molto semplice, che si è progressivamente sviluppata, non tanto per la capacità di previsione ma grazie alla capacità ed all’attività delle differenti risorse operatrici. Da questa caratteristica collaborativa, aperta e dinamica, l’imprenditore arriva ad acquisire un grado di controllo sull’evoluzione del suo ambiente; quando arriva ad un grado di controllo buono non ha più bisogno di previsione per avanzare. La ricerca accademica (Ph. Silberzahn) ha meglio chiarito i principi relativi all’azione in un contesto di incertezza:
….. insieme, ancora più avanti.
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