Chateaubriand: previsione, distopia

Chateaubriand: previsione, distopia

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Sul terrazzo di Melide. Nel tempo oscuro della Zambrano.

Immaginare o fare le previsioni per alcuni è inutile e senza senso. Per me è una forma mentis forse dovuta agli scacchi, oppure al percorso delle attività operative personali dopo la prima fase dominata dall’emergenza del presente. In fatto di previsioni mi hanno meravigliato le domande che, come scrive Guy Berger in un articolo di Commentaire, si faceva Chateaubriand, il quale amava sottolineare l’incertezza fondamentale dell’avvenire “la difficoltà di comprendere”, direi del vedere, facendosi un mucchio di domande e siamo duecento anni fa. L’avvenire per me lo si può vedere in diverse prospettive tenendo in considerazione l’avvenuto, la storia nel suo complesso e nel proprio tempo, i segnali del presente e le valutazioni delle forze dei segnali e a quali esigenze porteranno. Guy Berger indica che per Chateaubriand vi erano tre chiavi, io direi considerazioni, che aiutano a domandarsi cosa e come sarà l’avvenire e che possono portare a vedere.

Per primo il progresso irreversibile della democrazia politica. Democrazia era un concetto sociologico che inglobava diversità delle Costituzioni e delle istituzioni. Si va verso “tutti liberi” ognuno faccia come ritiene.

Per secondo lo sviluppo delle conseguenze della rivoluzione industriale apparse in Europa (1770-1780): tecniche nuove per la produzione di beni di diversa natura, meccanizzazione generalizzata, crescita delle città, dei manufatti, armamenti sempre più potenti, moltiplicazione delle attività di servizio, progresso dell’istruzione reso indispensabile per la produttività del lavoro. Chateaubriand si domanda se tutto ciò non condurrà alla dissoluzione delle discipline morali e religiose e ad un conflitto nelle relazioni tra le classi sociali. “Nella misura in cui l’istruzione discende nelle classi inferiori, queste scoprono il piacere segreto relativo all’erosione dell’ordine sociale sempre meno religioso. La sproporzione delle condizioni e delle fortune ha potuto essere sopportato sino a quando è stato sconosciuta, nascosta, ma quando questa sproporzionalità viene generalmente percepita e conosciuta, il colpo mortale è stato e viene portato. Le condizioni materiali migliorano, il progresso intellettuale accresce e le Nazioni, invece di approfittarne, perdono consistenza, quasi si sgretolano. Abbiamo perso l’ordine morale.”.

La terza dinamica della modernità è la tendenza all’unificazione del mondo dovuta ai progressi dei mezzi di comunicazione e dei trasporti, degli scambi commerciali, del movimento delle persone e dei capitali. “La follia del momento è di arrivare all’unità dei popoli e di fare un solo uomo, e farlo per l’intera specie.”. “Cosa potrà essere una società universale che non avrà nessun Paese particolare, che non sarà ne francese, ne inglese, ne tedesca, ne spagnola, ne portoghese, ne italiana, ne indiana, ne cinese, ne americana; o piuttosto che cosà ne sarà di tutte queste società? Quale risultato futuro per i suoi costumi e tradizioni, le sue conoscenze, le sue arti, la sua poesia? Sotto quale regola, sotto quale legge unica esisterebbe questa società?”.

Chateaubriand immaginava e viaggiava nell’utopia, o meglio nella distopia, perché mentre si mostrava felice dello sviluppo degli scambi tra i popoli, intravedeva la nascita di uno stato mondiale, di un mercato mondiale e che ne l’uno ne l’altro riteneva fossero vivibili e desiderabili.

E oggi?

Negli ultimi 30 anni lo sviluppo degli scambi internazionali è proseguito ad un ritmo nettamente più rapido di quello della crescita economica (terziario vs. industriale e primario), grazie a ciò che chiamiamo globalizzazione. Accordi di libero scambio, internazionalizzazione, delocalizzazione selvaggia, costruzione di una cultura, o meglio di un politically correct mondiale, controllo dei movimenti delle persone, di ciò che scrivono e di ciò che dicono, e di ciò che fanno; la dissoluzione dell’impero comunista sovietico ha favorito una nuova e più veloce unificazione del mondo. Ma le osservazioni che si poneva Chateaubriand non hanno perso la loro pertinenza.

Quale è il rischio di dimenticare, o di non tener assolutamente in considerazione, le specificità nazionali e le aspirazioni anche divergenti di differenti società con la propria storia, il proprio percorso sociale, le proprie credenze e miti? Non potrebbe essere possibile che questo dia origine allo sviluppo di reazioni violente contro il rullo compressore dell’uniformità, del dirigismo manipolatore dei costumi, e delle culture?

La Cina è diventata “la fabbrica del mondo industriale”. Delocalizzare con una visione di corto termine. Senza tener conto che delocalizzando si perde il contatto con il know-how e la sua evoluzione.

Nel 2023 l’India ha superato demograficamente la Cina, la quale inizia forse la fase declinante, il cammino indiano è stato ed è differente da quello imposto alla società cinese, e tutte e due i percorsi sono interessanti per la loro evoluzione. L’Estremo Oriente è la fabbrica allargata del mondo.

Gli scambi internazionali hanno continuato a svilupparsi, anche se ad un ritmo più ridotto.

Tutto rose e fiori con la globalizzazione? Soffermiamoci su alcune spine, e parliamone

  • L’apparizione su scala mondiale del terrorismo islamista, dopo gli attentati di New York nel 2001. Ed ora operante in ogni città.
  • La crisi economica finanziaria severa nata negli USA nel 2008-2009. La produzione di moneta cartacea a fiumi. Invenzioni di aiuti per finanziare lo spettacolo.
  • Le conseguenze universali della pandemia del Covid-19, nato in Cina nel 2020. Quali le prossime pandemie?
  • Il ritorno ai conflitti armati in numerosi Paesi: ex Yugoslavia, Siria, Irak, Afganistan, Libia, Sahel africano. Inutilità pratica delle varia Agenzie quali Onu, UE, et similia.
  • Ritorno violento della guerra tra Ucraina e Russia. Rischio di allargamento della conflittualità.
  • La transizione ecologica diretta con la distruzione di economie e di modi di organizzare la propria vita conosciuti ed attuati. Cambiare per creare nuovi business, obbligare al cambio.
  • La nascita dell’attività terroristica dell’ecologismo di nicchia e di estrema nicchia.
  • La migrazione di intere popolazioni, fuga dalla guerra e da povertà, o verso territori da conquistare. Se noi vivessimo con un reddito di 500 dollari all’anno che faremmo sapendo che altrove si sta decisamente meglio?
  • La difficoltà di accedere ad alcuni approvvigionamenti dovuta all’eccessiva e miope specializzazione geografica di specifiche attività industriali. Delocalizzare é facile, relocalizzare, avendo perso il knowhow nel frattempo evoluto, è cosa più ardua.
  • Riduzione della credibilità dell’organizzazione dello Stato in favore di creazione di alleanze (oggetti non identificati). Riduzione dell’indice di solidità sociale.
  • L’impatto dell’intelligenza artificiale, della digitalizzazione, dell’interfacciarsi con un mondo sempre più virtuale. Alla fine saremo robot.
  • La limitazione delle libertà in nome dell’uniformità di pensiero. La limitazione della libertà di parola ed espressione, la difesa delle minoranza di qualsiasi specie. Importanza di imparare il silenzio.
  • La distruzione della storia non confacente con la nuova cultura imposta da interesse economici del tutto non trasparenti. Distruggere la storia e farsi male da soli. Terrorismo culturale.
  • Certamente vi sono altre spine. Vediamo ancora dei petali di rosa?
  • Distopia: succo “io speriamo che me la cavo”.

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ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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