cultura – le persone passano ma il settore resta.
2024-12-23La cultura del settore è importante.
Agrimonde 1 Lug 2010
Nutrire il pianeta preservando gli ecosistemi. Libera traduzione e lettura al gruppo di lavoro.
La crescita economica dei Paesi in via di sviluppo ha trascinato, tra il 2000 e il 2050, quella globale. Oltre alla diffusione delle pratiche di intensificazione ecologica, si è migliorata, in queste economie, l’infrastruttura della gestione del territorio e delle filiere: trasporti, stoccaggi, capacità industriali e di trasformazione ed anche servizi sanitari, educativi e formativi. Gli investimenti necessari sono stati resi possibili attraverso il miglioramento del reddito nelle zone rurali, a sua volta reso possibile dallo sviluppo dell’impiego e da una migliore ripartizione del valore aggiunto lungo la filiera e dall’impiego mutuo dei mezzi sotto forma di diversi patti di aggregazione e cooperazione. Sono stati determinanti i trasferimenti pubblici a livello nazionale e l’aiuto internazionale, per iniziare e dare sicurezza agli investimenti nel settore. Questo aiuto massiccio è stata una delle risposte, alla fine della prima decade, alla moltiplicazione dei periodi di crisi alimentare che minacciavano la stabilità sociale e politica. Grazie alla riuscita delle opportunità di creazione di ricchezza nelle zone rurali, l’esodo rurale nelle economie in via di sviluppo si è notevolmente ridotto. Anche se è necessario considerare che è continuata l’urbanizzazione che ha continuato a distruggere le migliori terre agricole, malgrado lo sviluppo di filiere agricole e agroalimentari nelle zone periferiche urbane ed urbane, e gli sforzi relativi alla densità delle metropoli in paesi qualificati emergenti nel 2000 (cina, india, brasile in particolare).
Questi sforzi hanno avuto la forma di politiche volontaristiche di sistemazione del territorio per limitare l’artificialità delle terre e rispondere alla crisi energetica della seconda decade. Nel 2050 gli scambi di beni alimentari sono regolati dall’Onu per la sicurezza alimentare (Unofs), il cui primo obiettivo è garantire la sicurezza alimentare. Perciò le regole applicate sono finalizzate ad evitare la distorsione della concorrenza e prevedono delle importanti eccezioni:
a – permettere agli agricoltori meno produttivi di sviluppare un mercato locale
b – considerare sempre i rischi per l’ambiente.
Questa organizzazione deve assicurare inoltre la gestione degli stock e degli scambi che protegga i paesi fortemente dipendenti dalle importazioni agricole contro eventuali minacce al loro approvvigionamento. Il tendenziale abbassamento dei prezzi reali agricoli, caratteristica del XX secolo, è terminato con la forte progressione demografica accompagnata dal decollo economico delle regioni del sud. Di fronte a questa nuova situazione la regolazione dei mercati ha evitato la volatilità dei prezzi, ancora molto forte nella prima decade, e responsabile delle crisi alimentari. Nel periodo 2000 – 2050 i sistemi di ricerca, formazione e sviluppo nei settori agronomici e ambientali hanno fatto emergere e permesso la diffusione di innovazioni al servizio dell’intensificazione ecologica. Le innovazioni sono state in parte specifiche per gli agricoltori locali ed hanno beneficiato altresì di opportunità tecnologiche più generali.
L’innovazione si è organizzata in modo interattivo e partecipativo per valorizzare la diversità dei know-how locali, il valore della varietà degli attori impiegati (agricoltori, altri utilizzatori di risorse naturali, ONG, trasformatori, altro). Questo sforzo di innovazione a scala locale, regionale e mondiale ha promosso la diversità permettendo la crescita di valore aggiunto ed una sua migliore redistribuzione. L’emergere di comunità con dei valori fondamentali e certi e di pratiche internazionalizzate nella ricerca e nella gestione degli ecosistemi è risultata determinante per l’ottenimento dei risultati. Sono stati posti dei limiti alla proprietà dei risultati delle ricerche proprio per preservare il carattere pubblico degli avanzamenti e della dinamica di accumulazione della conoscenza scientifica.
Le politiche di sviluppo, che hanno continuato le politiche di sviluppo regionale attuate alla fine del XX secolo dalla UE, hanno contribuito alla strutturazione di sistemi agricoli e alimentari localizzati e delle filiere, sotto forma di distretti, integrando la trasformazione, il percorso a valle, l’agro fornitura ed anche la ricerca, la formazione ed il consiglio.
Nei paesi più ricchi sono stati elargiti dei finanziamenti non più per l’aumento della produzione ma a favore di ecosistemi per promuovere la multifunzionalità dell’agricoltura e la remunerazione dei servizi ambientali. La rarefazione delle energie fossili e la necessità di ridurre l’emissione di gas a effetto serra hanno diminuito di molto la domanda, e a rinnovare l’offerta energetica attraverso investimenti massicci nella gestione dell’energia rinnovabile e nucleare. Le opportunità di produzione distribuite e decentralizzate dell’energia sono state la priorità così come la valorizzazione dei rifiuti e delle materie prime seconde. Il forte rincaro del costo dell’energia nella prima decade ha portato alla ricerca delle capacità autonome di sfruttamento in materia energetica. E’ in questa situazione, integrata il più possibile alla produzione, che si è sviluppata la produzione di agro carburanti nel mondo. L’accelerazione del cambiamento climatico nella prima decade ha determinato la spinta alla svolta tecnologica in agricoltura. Le tecnologie di intensificazione ecologica hanno permesso di minimizzare l’impatto ambientale delle pratiche agricole nei confronti dell’acqua, delle biodiversità e dei suoli e anche di ridurre le emissioni di gas a effetto serra e di rendere la produzione più forte e robusta nei confronti delle alee, in particolare usufruendo della reintroduzione di una maggiore biodiversità domestica. La domanda di produzione alimentare ed i prezzi elevati hanno tuttavia costituito una pressione per la conversione di spazi naturali e semi naturali come sono continuate, seppure in misura ridotta rispetto al 2000, le deforestazioni dell’Amazzonia e del Bacino del Congo. La politica e la pratica di preservare la biodiversità sono andate di pari passo con la capacità di innovare e sviluppare dei sistemi di produzione, compatibili con il mantenimento di una biodiversità importante e di infrastrutture ecologiche, in particolare per le terre coltivate provenienti da ex foreste. I sistemi agroforestali hanno avuto un ruolo importante per ottenere questo risultato, anche diverse ONG ambientali sottolineano nel 2050 che la perdita di biodiversità è stata importante e che questa perdita giustificherebbe di rendere sacri gli spazi delle biodiversità selvagge. Nel 2050 le diete alimentari delle differenti regioni del mondo hanno avuto la convergenza per quanto riguarda l’apporto calorico, attestandosi mediamente intorno a 3000 kcal/abitante/giorno. Delle specificità culturali hanno mantenuto una certa diversità nella ripartizione di differenti fonti di alimentazione. L’aumento del reddito non ha condotto ad una convergenza delle diete alimentari verso il modello occidentale. Se per alcune regioni, ad esempio l’Africa subsahariana, l’evoluzione del consumo alimentare è stato inizialmente spinto dallo sviluppo economico, i cambiamenti dei comportamenti hanno caratterizzato le diete alimentari. Così per esempio nella regione OCSE-1990, il consumo calorico medio è diminuito passando da 4000 a 3000 kcal/abitante/giorno. Questa rottura di tendenza ha potuto realizzarsi grazie alla diminuzione delle perdite e degli sprechi da parte del consumatore e del circuito della ristorazione, ed anche per una maggiore efficacia delle politiche nutrizionali. Il mantenimento di una certa diversità delle diete alimentari ha contribuito a risolvere i problemi di carenza in micronutrienti grazie all’apporto di frutta e legumi. La diminuzione della parte di prodotti grezzi in rapporto a prodotti trasformati, ancora molto forte nella prima decade, è stata rallentata: è il sintomo della diversificazione dei sistemi alimentari. Ciò è avvenuto anche per merito della regolamentazione che ha fortemente influito sull’informazione e la comunicazione nutrizionale dei marchi agroalimentari nei paesi ricchi, limitando finalmente il degrado della trasformazione dei prodotti, continuando a proporre prodotti innovativi in materia di praticità e varietà. Tra il 2000 e 2050 il grande modello agro industriale, inizialmente fortemente dominante, si è ibridato con forme locali di sistemi agricoli e alimentari, con circuiti corti, ma soprattutto sulla diversità proposta da piccole e medie imprese agricole e di trasformazione, in particolare nei paesi in via di sviluppo. La tendenza alla standardizzazione, l’internazionalizzazione e la concentrazione intorno ad un numero ridotto di marchi multinazionali si è ridotta. Questa riduzione è stata tra l’altro facilitata per le strategie nazionali e regionali attuate per assicurare la sicurezza alimentare ed anche per l’impatto importante della responsabilità sociale delle imprese sulla strategia delle grandi imprese. Il settore agro alimentare è stato particolarmente colpito per il comportamento dei consumatori dei paesi ricchi e ha fatto si che i consumatori stessi hanno avuto una maggiore consapevolezza dei rischi alimentari grazie alla informazione e alla disseminazione del concetto di alimentazione durevole e sostenibile a seguito della “paura della fame”. I consumatori hanno fatto pressione sui marchi agro alimentari attraverso le ONG e le associazioni dei consumatori, ed al loro ruolo importante nello sviluppo economico e alla riduzione della malnutrizione e la lotta contro l’obesità.
Libera interpretazione da Agricolture et alimentations du monde en 2050 – inra/cirad
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