made in italy 02

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Mi sono riletto la legge Reguzzoni Versace Calearo sul made in italy per il tessile, la pelletteria e le calzaure. La legge c’è ma necessita del via libera della UE e quindi ……. e quindi ….. niente, si chiede di allungare i tempi. La legge era partita dal diritto di informazione per colui che decide l’atto di acquisto e poi stabilisce la tracciabilità di ogni intervento.

Ma questo è ancora più importante per il settore agroalimentare. Vedo ancora etichette con scritto “Made in UE” e che vuol dire? Dove è l’UE? La legge sopra citata dà importanza a che ogni attività venga svolta in paesi ed in situazioni dove siano simili le normative da rispettare sulle risorse, sulla sicurezza sull’igiene, sulle autorizzazioni, sulla organizzazione paese. Ma questo dove è? In Italia abbiamo 5.500 veterinari nelle varie asl, e per dimostrare che debbono restare hanno la mano facile con i verbali, verbalini, “comunque qualcosa debbo fare!!!”, in Francia ne hanno 400, in UK 180. In Italia le soglie di contaminazione NON ci sono mentre sono vigenti (5%) in Francia, Belgio e Spagna. La mitica spagna, che ha sbaragliato proprio tutti nell’allevamento di suini, non aveva le pianure, le coltivazioni come ci pontificavano i prof “l’Italia non può arrivare alla sufficienza perchè non ha mp, quindi non insistete” . L’Italia aveva le mp (mano d’opera)per fare frigoriferi e lavatrici, e quindi ha voluto perdere i posti di lavoro nella zootecnia a vantaggio dell’industria. Che miopia! La Spagna, che ha creduto nella zootecnia, ci è arrivata ed è la prima della classe con la sua panzer division nella vendita nell’allocazione del prodotto alimentare. Il successo dell’hamon serrano, iberico, patanegra, è trascinato dalle cifre dell’aumento del numero di suini. E dato che aumenta il numero dei suini aumenta anche il collocamento delle derrate alimentari derivate.

Noi siamo strapieni di marchi e marchette, ma non facciamo sistema e quindi regaliamo il made in italy:

salumi con le indicazioni di origine ed i marchi, ma la carne di maiali italiani non arriva nella media che al 20%, e noi continuiamo a consentirlo? Ma che dicano fatto con carne spagnola, danese, tedesca, francese, olandese: ed allora il consumatore non comprerà il cacciatorino di piacenza o di felino o della gran marca con la bandiera italiana perchè si sentirà preso per i fondelli: prenderà il salume spagnolo, danese, tedesco, francese, olandese, o tra un pò cinese. Ed il consumatore si convince perché gli verranno mostrate le cifre in diminuzione del numero di suini e, in particolare, del crollo (-50%) del numero delle scrofe. Cara industria come pensi di potertela cavare?

la bresaola con la bruno alpina sull’etichetta invece di dire: carne argentina, brasiliana, zebù africano o indiano. Diciamoglielo al consumatore.

Caci in cui il latte è lettone, o polacco, o francese, o esquimese, ma non certo pascolante nei prati emiliani o lombardi. Magari fatti anche con il latte in polvere destinato ai vitelli.E diciamolo.

E’ una guerra ed io mi sento in guerra ma che fatica! Colui che compra ho il diritto di essere completamente informato.

About the author:

ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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