opportunità per favorire la crescita
2024-12-23R&D, riserve per utili non distribuiti, visione critica e negativa del fisco che si è intascato gli utili e li vuole anche in anticipo, per poi avere un atteggiamento ostile.
Buon anno, amico
Dato che è usanza, il primo dell’anno, di esprimere i buoni propositi per l’anno nuovo, supponiamo che si rinunci mettere in pratica la politica dello struzzo e che si decida finalmente di prendere in mano il nostro avvenire.
Immaginiamo che la finiamo di imputare tutti i nostri mali al contesto esteriore: ieri agli chocs petroliferi, oggi alla globalizzazione ed alla feroce concorrenza che viene esercitata dai nuovi paesi in via di sviluppo, la Cina in prima fila.
Immaginiamo che cessiamo di attendere il nostro benessere da una ipotetica crescita economica elevata e duratura degli Stati Uniti, sulla cui scia, come per incanto, le economie europee possano risolvere tutti i loro problemi.
In questo caso, senza dubbio alcuno, faremo una prima constatazione elementare, aiutati da qualche analisi comparativa e dal sano buon senso. Constateremo, per esempio, che confrontati a delle evoluzioni demografiche simili ed operanti nello stesso contesto ambientale, i paesi europei hanno, nel corso degli ultimi trenta anni, ottenuto dei risultati economici, in termini di creazione di attività e di impieghi, molto differenti.
I tassi d’impiego possono essere ritenuti dei buoni rilevatori: da una parte i paesi scandinavi, sempre dalla stessa parte anche se in misura minore la Gran Bretagna e l’Olanda, dove il tasso d’impiego, che già nel 1970 era intorno al 70%, non ha cessato di aumentare; dall’altra parte i paesi come Germania, Francia, Spagna e naturalmente la nostra cara Italia, dove lo stesso tasso d’impiego si situava intorno al 60% ed è stato mantenuto, allo stesso livello, con enorme fatica.
Quale la spiegazione se non sottolineando, ancora una volta, che i risultati delle nazioni, dei territori, delle organizzazioni, dei gruppi, dipendono, prima di tutto, dalla loro pronta e concreta resistenza ai cambiamenti, anche ostili, esterni, e, ancora di più, dalla loro capacità di mobilitare le loro energie in progetti condivisi e capacità di adattramento?
Non certamente a galleggiare sull’onda della congiuntura e di interventi di cosmesi e effimeri. Non a fare della flessibilità, del just in time e del controllo di gestione, seppure incontestabilmente utili, i soli obiettivi strategici.
E’ evidente che i risultati, dei paesi innovanti, dipendono dalla loro capacità di dotarsi di un progetto di lungo termine, degno di questo nome, attorno al quale si possa mobilizzare le competenze, le intelligenze, le buone volontà. Una mobilitazione sufficiente per non cadere, al minimo incidente, nella disperazione, trovarsi mortalmente feriti, o, ancora peggio, e la situazione purtroppo si presenta con frequenza alta, far svanire le ultime forze in lotte fatricide.
Certe organizzazioni o gruppi, da tempo, hanno compreso: la necessità della vigilanza e della strategia che esige una valutazione minuziosa dei margini di manovra, la definizione di un obiettivo a medio ed a lungo termine, che dia del senso e della coerenza alle azioni di ogni giorno, che animi i team, e che rinsaldi i gruppi di lavoro.
Poco o niente di questo si vede ai piani alti, attenti solo nel seguire gli avvenimenti, cercando di soddisfare una opinione pubblica dal carattere volubile, fugace e capriccioso. Allora si pratica, obbligati dalle difficoltà di budget, un gelo indifferenziato sulle spese. Non cambiando di niente le strutture che, al contrario, prolificano e finiscono per costituire un marchingegno politico istituzionale infernale del quale la maggior parte delle persone non ne capisce niente.
Si fa del bricolage un po’ di qui ed un po’ di là con misure precarie in attesa che la situazione migliori, come per incanto, e che si possano auto risolvere i problemi che nel frattempo giacciono in capaci e discreti cassetti. Ed in caso di emergenze, si creano delle commissioni, dei comitati – per Dio – tutti convinti che niente di sostanziale uscirà.
Non vediamo che la situazione peggiora? Non vediamo che, a breve scadenza, vi è il concreto rischio di maggiori esplosioni, compreso, per esempio, il fatto del sotto impiego endemico, del parcheggio di risorse difficilmente sostenibile e di un invecchiamento della popolazione che sarà brutale e precoce, fintantoché a scapito della riforma delle pensioni, si continui a praticare allegramente il prepensionamento di fatto e/o accompagnato?
Cosa aspettiamo? Un leader provvidenziale e carismatico, con tutto quello che può comportare? Un nuovo ordine? Un miracolo che viene dall’esterno? “Ci vuole una buona guerra” come direbbe una parte dei vecchi che ricordano che non ci si trasforma se non a spese di qualche sconquasso epocale?
“Una pillola della felicità” che ci permetta di morire con il sorriso sulle labbra?
Non abbiamo la consapevolezza del pericolo che comportano questi fardelli collettivi?
Il futuro non attende. E se non lo vogliamo subire è urgente che ci mettiamo a costruirlo, ciascuno per la sua parte intessendo, gli uni con gli altri, delle alleanze a somma positiva.
Così potrà essere che la base possa risultare ed obbligare ad un dinamismo i piani alti.
Tanto tempo fa scrivevo la letterina dei buoni propositi e la mettevo sotto il piatto dei miei genitori.
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