Il senso
2024-12-03non sempre ciò che capiamo è quanto tratteniamo da quello che ci viene detto e non sempre ciò che campiamo poi lo applichiamo e se lo applichiamo facciamo del nostro meglio.
Se dovessi trovare una denominazione al mio blog sarebbe HATSER, cortile. Il cortile è uno spazio, verso il quale sono prospicenti degli usci. Come questo cortile nella biblioteca nella quale ci troviamo, a Locarno. Spazio dove si passa, ci si incontra con quelli che ci abitano o vengono a trovare coloro che ci abitano. Ci si saluta? non sempre, ma quasi sempre, anche se il saluto può essere più o meno stringato. Si dice o si ascolta. Ma si dice quasi sempre solo l’incipit e si ascolta delle mezze frasi. ci si siede talvolta, si gioca.
Il cortile della mia infanzia aveva a sud ovest il cesso. un buco maleodorante dove si andava a fare i bisogni o a svuotare gli orinali o secchi. dove andava il tutto? in un buco a perdere. L’odore restava e l’odore era quello del cortile. Accanto al cesso c’era la ruera dove si svuotavano i pochi avanzi, sul montone mosche in quantità industriale e polli vari che banchettavano. Andando da ovest a nord c’erano degli spazi in cui si tenevano degli animali, chi conigli, chi galline per le uova. Il cortile confinava con un altro cortile che era quello di Gigi l’oste, c’era un campo da bocce, degli alberi e delle stalle ormai in disuso ma piene di fieno. In passato erano adibite ai cavallanti che sostavano per la notte all’osteria. In questo secondo cortile c’era anche un panettiere. Per uscire dal mio cortile si passava sotto un portico sotto il quale operava un ciclista. Si un ciclista. Aggiustava le biciclette, metteva le pezze ai tubolari bucati. mastice, pezzi di gomma. il lato nord del cortile aveva degli usci, quello gentilizio delle padrone di casa: tre zitelle e un marello: avevano delle galline che razzolavano e verso sud un orto con divieto di accesso. il mio uscio era a nord est, prima di entrare vi era un portico con un’altalena, la legna per l’inverno e per la stufa, il banco di lavoro di mio padre e i suoi arnesi. Il lavatoio dove mia madre lavava in estate i piatti.
Rivedo e risento le voci: “el portugàl” vecchio baffuto che reclamava l’arancio. Il cantare di un ubriaco. il ridere forte di donne e giovani e meno giovani, le vecchie, a quarant’anni, erano già vestite di nero. Vi era anche la “trumba” dove si doveva prendere l’acqua per tutti i bisogni di casa. Da dove veniva? Ma, da un pozzo interno al cortile, credo. Prendere l’acqua era una delle mie incombenze. Quanto giocare. E si sapeva: cosa si diceva, cosa si cucinava, i vestiti che si lavavano e si stendevano, nel cortile su fili sotenuti da sbanége, e si conosceva con cosa e come si vestivano. I commenti. Se avevano un lavoro, se l’avevano perso, se avevano delle storie, se la famiglia cresceva, i morti poi: animali e uomini.
Il blog è hatser, gli argomenti sono usci. certamente per approfondire sarebbe necessario entrare, sedersi, magari su una cadreghéta o una panchéta, gli argomenti sono necessariamente vari e il tratto è veloce, quasi stenografico. Ma ci vuole la volontà di sedersi, di approfondire, di conoscere, di entrare. Altrimenti resta hatser, il cortile, un vocio, dei movimenti, delle azioni, dei colpi di pennello.
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