G.G.
2024-07-26Un ricordo personale di una figura importante
In Minusio – Ho detto che mi carico le pile e sono stato frainteso. Le pile nel senso che svuoto la mente dai tralli settimanali e per aiutarmi in questo mi tuffo nelle letture con un certo rituale. Parole crociate e riviste, e libri che hanno a che vedere anche con la religione. é una mia esigenza interna.
“Poco dopo la morte di Rabbi Moshe di Kobryn, fu chiesto a uno dei suoi discepoli “per il tuo maestro qual era la cosa più importante?”. Il giovane si mise a riflettere per un pò e rispose: “Quello che stava facendo in quel momento”.
Age quod agis (fai quello che stai facendo con rigore e amore).
Nel 1965 ho, con altri, creato dox-al (fai quel che sai al meglio), avrei potuto dire “offelé fa el tò mestè” ma era troppo lungo.
Cercare di dare tutta l’importanza all’attimo, a quello che stai facendo. Mica facile! Intanto perchè ho pescato in un significato che per coloro che l’usavano era negativo. Il vero filosofo non “doxava”, doxare era da meteco. Ma non potevo imitare che uno sicuramente superiore a me: dal momento che viene raccontato dio “fa”, fa e ammira, poi fa e rifa, poi ammira, alla fine guarda il tutto soddisfatto e, ridacchiando si autodice “ho fatto una cosa buona”. Ma poi, sono sicuro ha continuato a rifarla e la sta continuando anche adesso, anche con me e con ogni cosa. Sapere cosa fare, farla e poi migliorarla: conoscere, applicare, innovare.
E’ vero, ma se non lo fai tutto il senso se ne va, non ne resta proprio, perchè tu non ci sei come creatore ed allore che senso ha? Ha lo stesso senso dell’onda che in questo momento si sta infrangendo su una spiagga australiana. Avviene? si, è importante? certamente si per una infinità di “cose”, ma, dato che non ci sono e non me ne accorgo e non la percepisco e non la vivo, per me non ha alcun senso: ed è un dramma perchè il senso lei lo ha.
Il tuffo per obbligare la mente a dare più importanza a cosa fai non è mai abbastanza, non è mai sufficiente. E le letture di sfondo religioso sono un buon compagno. Perchè alla fine sono tutti attimi, secondi che si consumano che si sono vissuti ed anche l’ultimo sarà un attimo, che avrà lo stesso potenziale senso di ciascuno degli attimi trascorsi dal momento in cui lo spermatozoo ha incontrato l’uovo sino a quando si fermerà il respiro.
Il fine settimana mi serve per ricaricare le pile nel senso che vedo, devo e posso apportare in tutto, ma proprio in tutto, i miglioramenti, da e per me ed imparare a dare importanza all’attimo, utilizzandolo, non lasciandolo passare. magari spaparanzato sull’amaca, con lo sciabordio dell’acqua della piscina e la musica con note cascanti di piano e io mollemente sdraiato a fancazzare, ma fancazzare alla grande, gioiendo di fancazzare, sapendo vivere l’attimo fancazzando ma fancazzandolo davvero bene: si può fare di più.
Sarà stupido ma mi carico le pile così.
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