Autocontrollo
La produzione di alimenti per animali da reddito ha gli stessi obblighi della produzione per umani.
Per animali da reddito si intendono le specie e le razze animali che vengono allevate per essere vendute quali derrate alimentari tal quali oppure trasformate.
Vediamo, anche se frettolosamente, di riepilogare le specie:
Ruminanti (bovini, bufali, ovini/caprini)
- da latte: la derrata alimentare è rappresentata da
- latte intero o nelle diverse presentazioni
- derivati del latte, ad esempio i formaggi
- carne di animali a fine carriera o di riforma
- da carne: la derrata è la carne, le razze sono numerose e diverse.
Per le altre specie le derrate alimentari sono la carne e le differenti parti del corpo animale tal quali oppure trasformate dall’industria alimentare (ad esempio i salumi e gli insaccati, gli omogeneizzati), l’elenco delle specie è svariato:
– suini
– volatili: polli, tacchini, anatre, faraone, oche, quaglie fagiani
– conigli
– equidi
– pesci di acqua dolce ed acqua salata
La qualità della derrata alimentare è direttamente collegata a:
– benessere dell’animale
– genetica e management aziendale
– tempi ed obiettivi
– riciclo e riutilizzo degli scarichi degli allevamenti
– alimenti per specie e per fase di allevamento, costituiti da macroingredienti che permettano di ottenere il massimo utilizzo da parte degli animali e di ottenere gli obiettivi zootecnici sostenibili
– acqua di abbeverata
– microingredienti nutrizionali che integrano la dieta in funzione dei fabbisogni delle specie e delle diverse fasi di allevamento e degli apporti naturali apportati dagli ingredienti della dieta stessa.
– Medicinali veterinari sia preventivi che terapeutici che assicurano la salute di ciascun animale.
La derrata deve essere ottenuta a dei costi compatibili con il mercato tenuto presente che il nostro territorio importa il 50% circa di carne e di latte per soddisfare il consumo interno che l’importazione viene da paesi limitrofi (Francia, Germania, Olanda, Spagna, Danimarca) che hanno e mantengono eccessi di produzione malgrado non godano di particolari mezzi naturali. La fattura delle importazioni di animali vivi o morti, che potremmo produrre sul nostro territorio è pari se non superiore alla fattura per l’acquisto di energie (petrolio e gas) non presenti invece sul nostro territorio.
Perché i paesi che ci circondano esportano verso di noi? Hanno organizzato, e continuano a migliorare la loro organizzazione, meglio le loro produzioni e producono più di quanto consumano e le loro eccedenze le usano come armi strategiche. Uno dei punti deboli dell’allevamento è che quando l’animale ha raggiunto il peso richiesto dal mercato deve essere necessariamente venduto in quanto difficilmente stoccabile. I paesi esportatori hanno tutto l’interesse che il nostro territorio non aumenti le proprie produzioni e si sono organizzati al fine di ottenere l’obiettivo di mantenere il nostro territorio quale loro colonia.
Tra le armi che usano per mantenere l’obiettivo vi sono:
Evitare che salga la remunerazione dell’allevatore del nostro territorio. Se un allevatore di vacche da latte avesse una redditività soddisfacente investirebbe per una maggiore produzione attraverso una maggior produzione di latte, sapendo di operare in un paese che importa il 50% del proprio fabbisogno. Per fare questo opererebbe su due fronti:
a. Aumentare la produzione di latte degli animali esistenti
b. Aumentare il numero di animali, strettamente collegato con la superficie agraria disponibile.
Al fine di impedire che ciò accada, specificamente per il latte si sono inventate le quote latte, ed è sufficiente che il paese che ha deciso di esportare in quanto super produce, mantenga il prezzo di offerta al di sotto di una soglia che non consenta la sicurezza per l’allevatore nostrano di poter contare su di una redditività certa. Per fare questo la potenza esportatrice è organizzata come “unicum” al fine di permettere al sistema paese di poter decidere i prezzi di offerta, decisioni ed interventi, in tempo reale. E’ una macchina da guerra. E sono coalizzati come in una santa alleanza.
Avere un controllo importante su marchi e sulla distribuzione del paese colonia. I marchi ad alto contenuto di derrata alimentare strategica sono un tesoro poiché mantengono la loro quota di mercato e nobilitano gli ingredienti “stranieri”. E’ il caso dei formaggi e sarà il caso degli insaccati. I marchi ad alto contenuto di derrate alimentari (il formaggio è l’esempio classico) sono nemici dichiarati delle denominazioni territoriali che hanno, seppure in maniera lungi da poter essere ritenuta bene ed intelligente definita, dei capitolati necessariamente legati ad una specifica area territoriale. Il controllo della distribuzione permette in prima battuta la “gestione” dello spazio per arrivare all’aumento dei prodotti per il consumatore con etichetta del distributore. Ed ognuno può verificare quale sia lo spazio dedicato alle specialità di territorio, in rapporto al prodotto generico.
Fare in modo che restino alte le “barriere” del mantenimento dell’allevamento presente nella colonia e che vi sia un forte dissuasione nei confronti di nuovi insediamenti. Questo punto non è meno importante degli altri e vi si trovano numerosi riferimenti ai consigli di Sun Tzu, adattati ad un paese, quale il nostro, storicamente a bassa intensità di omogeneizzazione (un campanile, un dialetto, uno contro l’altro), e di aggregazione. Nei polli e nelle uova, ad esempio, l’aggregazione industriale ha permesso di raggiungere e mantenere la produzione del 100% del fabbisogno. Nel 1970 il Ministro dell’Agricoltura francese, tale Michel Rocard, rispose ad alcune osservazioni del settore suinicolo italiano (sulla capacità dei francesi di abbassare i prezzi pur di mantenere la loro corrente esportatrice verso di noi) “Noi ci turiamo il naso e tolleriamo la puzza, e preferiamo, invece di pagare sussidi di disoccupazione, di produrre più di quanto ci necessiti in agricoltura che, anche se non viene consumato da noi, viene valorizzato in altre parti del mondo.”. Parlando grossolanamente si può affermare che il concetto è:
a. Valorizzare al massimo la specificità del proprio sistema (il sistema Bretagna in Francia per suini e polli, il sistema olandese o danese, per l’allevamento di suini quale secondo lavoro, l’attuale sistema spagnolo)
b. Fare in modo che le “regole” del proprio sistema paese vengano estese anche sul nostro territorio (ad esempio attraverso direttive, acquisendo in tutto o in parte operatori intermediari della colonia)
c. Svalorizzare e banalizzare le specificità del nostro territorio mettendone in risalto le manchevolezze.
Il tutto attraverso un sottile ma oliato sistema di “intelligence” come ad esempio il controllo di posti chiave (rappresentanze nelle associazioni, consigli e regole tecniche, altro) nel sistema del paese colonia, grazie alla connivenza, non sempre percepita e sempre sottovalutata, dagli operatori indigeni.
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