prudenza 01

prudenza 01

Nessun commento su prudenza 01

Gianbattista Bovio di Novara – Teatro Morale – Edita in Venezia MDCCXXXVI.

Esempi sopra la virtù della Prudenza. Pagina 31

Alfonso VI, re delle Spagne, aveva deciso di riprendere il dominio della città di Toledo, nelle mani dei mori, e di riconquistarla alla fede cattolica. Ordinò ad una parte del suo esercito di andare all’improvviso per portare rovina ed ardere le messi, nel miglior periodo di maturazione, affinché nella città entrasse la fame al posto delle provviste.

Ordinato di ripetere più volte l’operazione impose poi con l’intero esercito l’assedio alla città. Dopo una lunga resistenza ed ostinata risoluzione di volersi difendere sino alla morte, i toledani cambiarono di animo e di sentimenti e vennero inviati degli ambasciatori al re Alfonso per negoziare la resa, che aveva una condizione importante: poter conservare il tempio più grande come moschea, cosicché i toledani maomettani potessero professare la loro fede.

In un primo momento re Alfonso rifiutò la concessione ma poi fu costretto a concederla perché i mezzi per sostenere l’assedio scarseggiavano anche per il suo esercito, ed anche perché aveva timore che da altri re mori provenissero aiuti e rinforzi per gli abitanti di Toledo.

In parola ed in fede di cristiano Alfonso re concesse loro la moschea e pattuita fu immediatamente la resa. Il re e la propria corte si era insediato in una vicina città ed inviò a Toledo il meglio dei suoi guerrieri con la regina Costanza e l’arcivescovo Bernardo affinché prendessero possesso dell’intera città eccetto il tempio.

La regina e l’arcivescovo erano zelanti nella religione e non appena entrati in città si sentirono mossi da Dio a mutare parere contro la volontà del re e decisero di occupare il tempio ritenendo il non farlo come atto ignominioso per la fede cattolica.

Allorché fu notte entrarono nella moschea e distrussero tutte le insegne maomettane e l’arcivescovo erse e consacrò gli altari al rito cristiano, alle pareti fece porre immagini sante e il Crocifisso inalberò sull’altare maggiore, dedicando il tempio alla Regina del cielo.

Al mattino i mori videro le novità e si sentirono delusi e traditi e, certi che il re fosse, come infatti era, estraneo a quanto successo, decisero di rimandare gli ambasciatori per lamentarsi con AlfonsoVI di come fosse stata presa in giro la loro buona fede.

Udito quanto riportato dagli ambasciatori, Alfonso re s’infuriò esclamando che la regina e l’arcivescovo l’avevano fatto apparire sleale, non mantenendo la parola data, e che tanto la regina quanto l’arcivescovo avrebbero pagato con il sangue la loro disobbedienza. Gli ambasciatori fecero presente al re che la regina avrebbe inviato qualcuno per acquietarlo e per richiederne perdono. Giurò in nome di Dio, re Alfonso, che nulla avrebbe fatto di quanto gli sarebbe stato richiesto da Costanza e da Bernardo.

Ritornati a Toledo gli ambasciatori riferirono quanto detto dal re ed il rammarico passò dai mori alla religiosissima regina ed all’arcivescovo i quali non sapevano come fare per rappacificarsi con Alfonso. Pregarono e Dio ispirò loro il consiglio saggio di inviare, per richiederne il perdono, la figlia unica che il re tanto aveva cara ed amava sopra ogni cosa. La vestirono da umile penitente e, accompagnata da un gruppo di nobili fanciulle la mandarono dal padre, il quale, furibondo, si avvicinava a Toledo e, al vedersela, rinnovò, alla presenza dei suoi cavalieri, il giuramento dicendo: “Chiamo, o figlia, in testimonio il grande Iddio, che non farò quello che tu mi chiederai per la regina tua madre e per l’arcivescovo Bernardo.”.

Sorpresa rimase la principessa udendo il giuramento formale, ma subito il lume del cielo aprì la sua mente affinché cambiasse, con accortezza, il disegno delle domande e disse: “Vi chiedo dunque, o padre, che facciate rigorosa vendetta dando la morte alla regina ed all’arcivescovo poiché hanno scelto di ubbidire al Re del cielo piuttosto che al re della terra.”.

Alfonsò restò stordito alla sagace richiesta, trovandosi obbligato, per il giuramento formale a non poter eseguire la vendetta già decisa, ma a dover perdonare lasciando la vita ai due colpevoli che disubbidirono a lui per compiacere Dio. Alfonso era perplesso e non riusciva a trovare una soluzione quando i cortigiani gridarono: “Grazia, clementissimo re, grazia, ben meritata dall’ingegnosa saggezza di una così degna figliola.”.

Alfonso sentì raddolcirsi il cuore, il volto gli si rasserenò, e rispose.”La grazia ti concedo, o figlia, della vita di tua madre e dell’arcivescovo, ma entrambi saranno esclusi, dalla corte la regina e dalla città l’arcivescovo.”.

Nel mentre sopraggiunse la comitiva dei più notabili mori. Alfonso si turbò credendo che la loro presenza fosse per pretendere giustizia, ma costoro, cambiato il sentimento, venivano per domandare la grazia del perdono. Infatti, radunatisi a consiglio, si resero conto che dalla rigorosa vendetta poteva venir loro gran male, dati i due personaggi altolocati. Decisero quindi, ritenendo ciò più utile per loro stessi, di essere loro stessi a intercedere l’indulgenza.

Considerando che tutte le parti concorrevano alla clemenza, Alfonso mutò lo sdegno in giubilo e risolse di confermare la grazia. Trionfante per se stesso e per la vittoria sui nemici, entrò, in pompa magna ed in gran festa, in Toledo.

I primi passi furono al tempio, nuovamente consacrato alla Regina del cielo. Qui ritrovò Bernardo in abito pontificale e Costanza vestita da penitente. Abbracciò la regina in segno di pace e baciò la mano all’arcivescovo in segno di riconciliazione.

About the author:

ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

Related Posts

Leave a comment

Back to Top