Quanto descritto per gli animali vale per qualsiasi organismo vivente. E’ un frammento dell’opera introduttiva redatta, insieme al sottoscritto, dal dr. I. Volpato, farmacologo.
Gli animali in allevamento vengono sottoposti , frequentemente, a trattamenti farmacologici indirizzati verso una promozione della loro crescita o a scopo preventivo e curativo di malattie infettive; a volte, possono venire, involontariamente, in contatto con contaminanti di natura diversa.
Tutto ciò può portare alla presenza, nelle carni o altri prodotti di consumo, di residui metabolici e/o tossici che possono rappresentare un potenziale rischio per il consumatore.
In chimico-clinica, per la rilevazione dei livelli circolanti di analiti di diversa natura, vengono routinariamente utilizzate metodologie analitiche immunoenzimatiche, in immunoaffinità o microcromatografiche; questa pratica trova un più raro impiego in campo zootecnico. Lo scopo del lavoro è quelli di mettere a disposizione dell’allevatore metodologie analitiche, semplici, rapide e non strumentali, in grado di rilevare la presenza in circolo di residui metabolici e nelle carni degli stessi e di eventuali residui tossici. Si possono così ottenere dei significativi risultati nella ottimizzazione delle condizioni di allevamento, tra cui, alcuni esempi sono:
· tutela della salute del consumatore,
· monitoraggio dei trattamenti,
· verifica dell’uniformità di omogeneizzazione dei farmaci nei mangimi.
La realizzazione di queste metodologie prevede la produzione di anticorpi policlonali specifici diretti verso i diversi analiti (apteni) per la messa a punto di sistemi immunoenzimatici competitivi, su microplate, strip o stick, atti alla rilevazione di questi ultimi. Gli stessi anticorpi possono venire utilizzati come antidoti o detossicanti per l’eliminazione di metaboliti o residui tossici presenti in circolo. Ciò è possibile mediante il loro frazionamento enzimatico e l’ottenimento dei frammenti F(ab’)2, non specie specifici.
La loro somministrazione provoca la formazione di immunocomplessi circolanti con l’aptene specifico promuovendone, così, l’eliminazione.
Era il 1997. Sapevamo che la maggior parte dei tecnici si sarebbero buttati sulle perfomances analitiche, e sarebbero arrivati ad identificare anche le tracce. Ma cosa fare per eliminare la contaminazione indesiderata? Noi eravamo concentrati sul ricercare e mettere a punto delle azioni pratiche ed economicamente sostenibili che potessero essere applicate in caso di necessità.
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