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Non sempre un indicatore è il meglio, ma alcuni ritengono che vi sia una stretta correlazione tra forza dell’innovazione e numero di brevetti. E’ l’incipit della discussione nel cortile della biblioteca di Locarno, luogo di incontro del gruppo di lavoro.

Sono andato a curiosare sul sito dell’Ufficio Europeo Brevetti EPO, zoomando sul settore che più mi ha interessato. Nella categoria chemistry i dati del 2014 sono di segno positivo e negativo.

Positivo: Biotechnology + 12,1%, Polymers + 1,6%, Basic material chemistry + 2,6%.

Negativo: Organic fine chemistry – 1,3%, Pharmaceuticals – 5,4%, Food chemistry – 7,3%, Coating & surface technology -0,3%, Nanotechnology – 22,2%, Environmental technology – 1.2%.

Sono andato poi a curiosare i Paesi. Gli asiatici sono in grosso fermento, gli usa si mantengono, gli europei stanno dormendo. Tra gli europei danno comunque segni di vita Germania, Francia, Olanda, Inghilterra, Svizzera.

E Italia? Non viene menzionata. E mi ci sono messo di buona lena, ma niente da fare. Anche questo ha a che fare con il credito d’imposta e con la convinzione che l’innovazione è una necessità sociale, prima che economica. L’innovazione è resa possibile da attività di ricerca e sviluppo e questa attività deve essere fatta per dare senso al ruolo ed alla funzione di future risorse.

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ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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