THE NEW UTOPIA
2022-04-22The New Utopia di JKJerome. Un classico.
Libera traduzione del racconto che lo scrittore americano Richard Matheson, nato nel 1926, pubblicò nel 1957. Letta 65 anni dopo la sua prima edizione, non ha perso niente del suo inquietante valore prospettico.
Era la sera che precedeva il giorno dei test. Nella sala da pranzo Les aiutava suo padre a preparare le prove. I figli, Jim e Tommy, dormivano al piano di sopra. Nel salotto, Teny, cuciva, il viso impassibile, alzando ed abbassando l’ago con un movimento regolare.
Tom Parker stava seduto, il busto diritto, le mani congiunte sul tavolo, delle mani magre con le vene sporgenti. Guardava fisso suo figlio con gli occhi di un azzurro pallido. Cercava di seguire il movimento delle labbra per comprendere meglio.
Aveva 80 anni. Si presentava al test per la quarta volta.
– Andiamo, gli disse Les, ripeti questa serie di cifre.
– Serie di cifre, ripetè Tom, cercando di assimilare le parole che udiva. Ma non assimilava più le parole rapidamente. Le parole si posavano sul tessuto del cervello come degli insetti sulla pelle di un carnivoro indolente. Si ripeteva le parole da solo: serie di… serie di cifre… Andiamo, aveva capito le parole. Guardò suo figlio in attesa.
– Allora, disse con un po’ di impazienza, dopo un momento di silenzio.
– Mantieni la punta della biro in aria sopra il cerchio per tre minuti, gli disse.
All’improvviso ebbe paura di aver scelto un esercizio difficile. Aveva visto spesso tremare le mani di suo padre, a tavola oppure quando aveva delle difficoltà ad abbottonarsi oppure a chiudere la zip dei vestiti.
Con un nodo alla gola, Les prese l’orologio, attivò il cronometro, e fece un segno a suo padre.
Tom inspirò profondamente, si reclinò sul foglio e cercò di mantenere sopra il cerchio la biro che oscillava leggermente. Les vide che si appoggiava sul gomito, cosa che l’esaminatore non gli avrebbe permesso. Ma tacque osservando suo padre.
Il viso, pallido com’era d’abitudine, aveva perso tutto il colore. Les poteva distinguere chiaramente le minuscole rotture dei capillari sotto la pelle delle gote. Esaminava questa pelle secca, rugosa, brunastra e maculata. Ottant’anni, si disse, cosa può pensare un uomo di ottant’anni?
Si girò ancora, leggermente, verso sua moglie. Per un breve momento incontrò il suo sguardo. Si guardarono l’un l’altra, senza un sorriso, senza un segno. E Teny riprese il suo lavoro di cucito.
– Credo che siano passati tre minuti, disse Tom con voce, tesa.
Les controllò l’orologio.
– Un minuto e mezzo, pà, disse, e si domandò se non sarebbe stato meglio mentire ancora.
– Ma controlla il tuo orologio, per dio, disse il padre. (La biro penzolava lontana dal cerchio). Quello che facciamo è un test, non è … emh … non è un gioco.
Les guardava la punta della biro che si muoveva continuamente. Che sciocchezza, che non senso, che gratuità in tutto questo! Niente avrebbe potuto salvare la vita di suo padre. Almeno avessero risparmiato ai figli ed alle figlie il dovere di far passare il test! E non sarebbe stato lui a scrivere sui tests di suo padre la parola fatale con il timbro nero: rifiutato; nonsarebbe stato lui a pronunciare la sentenza.
La biro oscillò di nuovo sopra il cerchio e riprese la sua posizione. Il vecchio appoggiava accortamente il suo gomito sulla tavola. Questo gesto, davanti ad un esaminatore, gli avrebbe fatto perdere automaticamente tutti i punti di questo esercizio.
L’uomo ebbe un improvviso eccesso di furore.
– Questo orologio ritarda, disse.
Les trattenne il fiato e guardò l’orologio: due minuti e mezzo.
– Tre minuti, disse arrestando il cronometro.
Tom gettò la biro con furore.
– Ecco fatto, disse, che test idiota! Questo non prova niente, niente di niente.
– Vuoi fare un esercizio sui soldi, Pà?
– E’ l’esercizio seguente? disse il vecchio. Guardò il plico dei foglietti con aria interrogativa, come se volesse controllare lui stesso.
– Si, disse Les.
Mentiva, ma sentiva che suo padre non vedeva sufficientemente bene per accorgersene (e l’uomo si era sempre rifiutato di portare gli occhiali).
– Un istante, disse Les, prima di questa domanda, ne vedo un’altra: si tratta di leggere l’ora.
Pensò che questo piccolo esercizio sarebbe stato più facile.
– Ancora una domanda stupida! Ma perché vogliono …
Con un movimento nervoso della mano afferrò l’orologio dalle mani di Les, guardò il quadrante e disse in tono sprezzante:
– Le 10 e 15.
Les, per un riflesso che non riuscì a controllare, replicò subito:
– Ma sono le 11 e 15, pà.
Ebbe l’impressione di aver dato uno schiaffo a suo padre. Il vecchio riprese l’orologio, lo guardò fisso, le labbra serrate, e Les ebbe l’orribile presentimento che affermasse che l’orologio indicava realmente le 10 e 15.
– Era quello che volevo dire, fece Tom duramente. Mi era scappato. Evidentemente, sono le 11 e 15. Il primo imbecille qualsiasi direbbe le 11 e 15. Il tuo orologio non è chiaro, le cifre sono troppo vicine. Occorrerebbe regolarlo, bilanciarlo. Guarda.
Prese dalla tasca dei suo gilet il suo grosso orologio d’oro.
– Questo, questo è un orologio, disse con orgoglio. Mi ha sempre dato l’ora esatta da … da 60 anni. Questo è un orologio. Cosa diversa da questo!
Gettò in aria con disprezzo l’orologio di suo figlio. Cadde ed il vetro si ruppe.
Il vecchio evitò lo sguardo di Les. Fissava il suo orologio con attenzione. Aprì il coperchio e la sua bocca tremulò. Il coperchio conteneva il ritratto di Mary, Mary a 30 anni, in tutta la sua grazia, con i suoi capelli biondi. Grazie a Dio, lei non avrebbe dovuto passare il test. Questo almeno le era stato risparmiato. Tom non avrebbe mai potuto pensare che l’incidente mortale di Mary, quando aveva 57 anni, fosse stato un avvenimento felice. Ma avvenne prima dell’era dei test.
Chiuse il coperchio e ripose l’orologio.
– Mi lascerai stasera il tuo orologio, disse con un tono severo. Gli farò rimettere un vetro, un buon vetro …. emh … domani.
– Va bene così pà. Non è che un vecchio orologio.
– No, no, disse Tom, no! Me lo lascerai. Gli farò mettere un buon cristallo. Te lo riporterò. Con un cristallo, un cristallo infrangibile, un cristallo che non si romperà più. Devi lasciarmelo.
Les gli pose le domande sui biglietti di banca.
– Se ti dò un biglietto da cinque dollari, quanto vale un quarto di questo biglietto? E se tu paghi un acquisto di 36 centesimi con un biglietto da un dollaro, quanto debbono darti di resto?
Le risposte dovevano essere scritte e Les cronometrava il tempo.
La casa era calma, silenziosa e tiepida. Tutto sembrava normale. Le cose avevano la loro quotidiana apparenza. Erano là, tutti e due, seduti a tavola, e Terry cuciva nel salone.
Ed è per questo che tutto era così orribile.
La vita continuava il suo abituale corso. Nessuno parlava di morte. L’Amministrazione convocava per lettera. Si facevano passare i test e coloro che non li superavano, sarebbero stati convocati nuovamente per la puntura. La legge funzionava perfettamente. Il tasso di mortalità non variava. Il problema di sovrapopolazione era risolto. Tutto veniva fatto in maniera ufficiale, impersonale, senza pianti ne grida.
Ma coloro che andavano a morire erano tuttavia delle persone che erano amate.
– Smettila di guardare l’orologio, disse il padre. Sono capacissimo di rispondere alle domande senza che tu continui a guardare l’orologio.
– Ma, papà, gli esaminatori tengono conto dei tempo.
– Gli esaminatori sono gli esaminatori, disse Tom con fastidio. Tu non sei un esaminatore.
– Pà, cerco di aiutarti.
– Bene, allora aiutami, sangue di Giuda, aiutami! Non restare là, seduto, a guardare l’orologio! –
– E’ il tuo test, pà, non è il mio.
Les aveva quasi gridato ed il rossore della collera gli aveva imporporato le guance.
– Il mio test, il mio test, il mio test, disse severamente il padre arrabbiato. Voi siete tutti lì a guardarlo, no? Voi siete là, a spiare quello che….
Gli mancavano ancora le parole. La collera attraversava il suo spirito e non arrivavano le parole.
– Non gridare, Pà, che sarà meglio.
– Ma io non grido.
Intervenne Terry:
– Pà, i ragazzi dormono.
– Me ne frego dei….
Tom si erano raddrizzato, il dorso appoggiato alla sedia. La biro era scappata dalle sue dita e rotolava sul tavolo. Tremava tutto, il mento aveva degli improvvisi soprassalti e le mani battevano sulle ginocchia.
Les sospirò contenendosi.
– Pà, vuoi continuare?
– Non domando più niente, disse Tom, come se parlasse a se stesso. Non domando più niente alla vita.
– Pà, continuiamo?
– Se non stai perdendo il tuo tempo, disse il padre in tono scorbutico. Veramente. Se non stai perdendo il tuo tempo.
Les fece scorrere i fogli, tenendoli saldi con una mano. Domande psicologiche? No, non poteva farle. Com’era possibile domandare ad un padre di ottant’anni l’opinione sul sesso. A questo padre così rigido per il quale anche la più innocente allusione era un’oscenità?
– Allora?
Il padre aveva alzato la voce.
– Mi sembra che non ci sia più niente di importante, disse Les. Stiamo lavorando già da parecchio tempo.
– E quei fogli che hai saltato?
– Sono dei fogli che trattano quasi tutti di…. cose fisiche, papà.
Vide le labbra di suo padre stringersi nuovamente e temette che gli facesse qualche osservazione. Ma suo padre si limitò a mormorare: “Un buon amico, un buon amico…”.
– Papà, tu…
Ma la voce gli si spense in gola. Ormai non aveva più niente da dire. Tom sapeva bene che il dr. Transk non avrebbe potuto lasciar passare, firmando, questo test, come l’aveva fatto nelle tre volte precedenti.
Les immaginava suo padre, timoroso e nello stesso tempo umiliato, spogliarsi, mostrandosi ai medici. L’avrebbero esaminato a fondo, scandagliato, gli avrebbero fatto domande aggressive. Sapeva che suo padre sarebbe stato terrificato perché, al momento di rivestirsi, qualcuno lo avrebbe spiato, attraverso il buco della serratura, ed avrebbe fatto un rapporto sul suo modo di rivestirsi. Immaginava anche la nuova paura che lo avrebbe invaso quando sarebbe andato a mezzogiorno alla mensa per mangiare, durante la pausa di questo esame che si sarebbe prolungato per tutto un giorno, perché l’avrebbero di nuovo spiato, per riferire per iscritto se avesse fatto cadere una forchetta oppure un cucchiaio, se avesse rovesciato il bicchiere oppure fatto delle macchie sulla sua camicia.
– Ti chiederanno di scrivere il tuo nome ed il tuo indirizzo, gli disse Les.
Sapeva che suo padre andava fiero della propria scrittura, e voleva dissipare il pensiero delle domande sul sesso.
Il vecchio, quasi rassegnato e di malavoglia, prese la biro e si mise a scrivere. Qui li tengo, pensava, mentre la biro tracciava in maniera chiara le lettere sulla pagina bianca.
Mr. Thomas Parker, 2719 Brighton Street, BiairTown, N.Y.
– E mettici la data, disse Les.
Il vecchio scrisse “25 gennaio 2003” e Les sentì un freddo glaciale che gli invadeva il corpo.
Domani, c’è il test.
Sono stesi fianco a fianco, non dormono. Si sono scambiati poche parole svestendosi. Quando Les si avvicinò per abbracciarla, per darle la buona notte, lei mormorò qualcosa che lui non capì bene. Si gira su un fianco, con un profondo sospiro. La guarda. Nell’oscurità, lei apre gli occhi ed incontra il suo sguardo. Lei chiede dolcemente:
– Dormi?
– No.
Non dice altro. Aspetta che lei cominci. Lei non comincia. Dopo un lungo silenzio, lui dice:
– Eh, bene, suppongo che è … questo. Termina con voce flebile perché ha paura delle parole. Parole che danno alle cose un’aria melodrammatica. Ed è tutto così ridicolo.
Terry non risponde al marito. Un po’ più tardi, lei, come pensando ad alta voce, dice:
– Tu credi sia possibile che … ?
Les si irrigidisce al suono di queste parole. Sa cosa vuole dire.
– No, risponde, non ci riuscirà.
Sente il deglutire a fatica di Terry. Pensa: “Non dire niente, non dirmi che ho predetto la stessa cosa negli ultimi 15 anni. So già tutto, lo so. Ma l’avevo detto perché ci credevo.”.
All’improvviso gli viene alla mente che avrebbe dovuto firmare, già qualche anno fa, una “richiesta di partenza”. Avevano così bisogno di essere liberati da Tom!
Per il bene dei loro figli,e per loro stessi. Ma come mettere questa necessità nero su bianco senza sentirsi un assassino? Ci sono cose che non si possono dire. Come questa: spero che il vecchio non ci riesca, che lo uccideranno. Ma tutto ciò che si può dire d’altro non è che una formula ipocrita che evita le vere parole, perché è esattamente questo che lui pensa. Usano tutti gli argomenti, pensa Les, tutti i pretesti pieni di termini scientifici come attitudine insufficiente, minaccia allo standard di vita, allerta al razionamento, pericolo per la salute pubblica. Danno una facciata alla legge. Evidentemente sono delle menzogne, delle enormi menzogne senza alcun fondamento. Se la legge fu accettata è perché le persone volevano restare tra loro, vivere la loro vita.
Terry parla:
– Les! E se passa?
Sente le sue mani stringersi al materasso.
– Les?
– Non lo so, Teny.
La voce di Terry, nell’oscurità, è ferma. E’ la voce di qualcuno sul punto di perdere la pazienza. Questa voce dice:
– Dovresti saperlo.
La testa di Les va e viene sul cuscino.
– Cara, risponde, non insistere, te ne supplico.
– Les, se passa il test, vuoi dire: ancora cinque anni! Capisci? Cinque anni, Les. Hai riflettuto cosa significa questo?
– Cara, non può riuscire.
– Ma se riesce?
– Terry, ha sbagliato tre risposte su quattro, tra quelle che gli ho posto questa sera. Praticamente non capisce più, la vista gli si è annebbiata, il cuore è debole ed ha l’artrite.
Batte con i pugni il materasso, quasi disperato.
– In ogni caso non passerà il test medico, aggiunse.
E si detesta con se stesso sentendosi affermare che suo padre è condannato.
Se potesse dimenticare il passato e vedere in suo padre solamente il vecchio che è diventato, una creatura inutile, mezza rovinata, che ostacola anche la loro propria vita.
Ma è così difficile dimenticare che questo uomo è stato suo padre, che l’amò e lo rispettò. Difficile dimenticare le gite in campagna, le partite di pesca, le lunghe chiacchierate di sera, e tutto quello che di invisibile avevano in comune, suo padre e lui.
E’ per tutto questo che non ha mai trovato la forza di firmare la domanda. Non era che un formulario da riempire. Sarebbe stato molti più semplice che aspettare l’esito dei test durante quindici anni.
Ma firmare queste carte sarebbe stato come firmare la condanna a morte di suo padre, domandare all’amministrazione di disporre di lui come di un vecchio sacco ingombrante. Non avrebbe mai avuto la forza di farlo. E questa sera, mentre era il periodo in cui suo padre compiva ottant’anni, e malgrado tutta la morale, malgrado i principi cristiani della loro educazione, Terry e lui hanno terribilmente paura che il vecchio Torn riesca nel test e viva altri cinque anni con loro. Ancora cinque anni a camminare a tentoni in casa, a contraddire gli ordini dati ai ragazzi, a rompere gli oggetti, a chiedere aiuto, a trovarsi costantemente in mezzo ai piedi, a rendere loro la vita impossibile, facendo loro rasentare ogni giorno la crisi di nervi.
Terry gli dice:
– Dovresti dormire.
Prova, ma il sonno non arriva. Resta disteso, scruta l’oscurità, vorrebbe trovare una risposta. Non trova alcuna risposta.
La sveglia suonò alle sei. Les non avrebbe dovuto alzarsi prima delle otto, ma aveva deciso di assistere alla partenza di suo padre. Si buttò giù dal letto e si rivestì facendo attenzione, per non svegliare Terry.
Lei si svegliò e, senza muovere la testa sul cuscino, lo osservò con gli occhi socchiusi. Dopo un momento lei si appoggiò su di un gomito e, sonnolenta, lo guardò.
– Mi alzo per prepararti la colazione?
– No, resta a letto, faccio io.
– Non vuoi proprio che mi alzi?
– Non darti pensiero, cara. Riposati, mi va bene così.
Lei si ridistese e si girò affinchè Les non vedesse il suo viso. Non sapeva nemmeno lei perché si era messa a piangere in silenzio. Perché lui non voleva che lei andasse a vedere suo padre? Era a causa dei test? Non riusciva ad arrestare il pianto. Tutto quello che poteva fare era di non muoversi dal letto fintanto che la porta della camera non venne rinchiusa.
Allora soltanto le sue spalle si misero a tremare ed un singhiozzo ruppe la barriera che lei aveva costruito tra lei stessa ed il suo essere più segreto.
Quando Les passò davanti alla camera di suo padre vide che la porta era aperta. Guardò e vide Tom, seduto sul letto, curvo in avanti che si allacciava le stringhe. Vide le sue dita nodose tremare con i lacci.
– Va tutto bene, pà? disse Les
Suo padre lo osservò come sorpreso.
– Cosa fai alzato a quest’ora?
– Ho pensato di far colazione con te.
Per un breve momento si guardarono l’un l’altro in silenzio. Poi il padre riprese ad armeggiare con i lacci delle scarpe. Les sentì la voce dei vecchio.
– Non è necessario.
– Bene. Credo che mangerò in ogni caso qualcosa, disse Les, andandosene per non ascoltare la risposta di suo padre.
– Oh! Leslie!
Les ritornò.
– Spero che non hai dimenticato di lasciare l’orologio in vista? Ho intenzione di passare dall’orologiaio oggi e di fargli mettere un vetro in cristallo. Uno vero, uno di quelli buoni, di quelli che non si romperanno più.
– Ma, papà, non è che un vecchio orologio! Non ne vale la pena.
Suo padre scosse dolcemente la testa e passò la sua scarna mano davanti al viso come per scacciare un’obiezione.
– No, no, poco importa, disse con voce calma, ho l’intenzione di….
– Va bene, pà, va bene. Lo metto sul tavolo della cucina.
Il padre si alzò e fissò per un momento suo figlio. Poi bruscamente, come se non avesse del tempo da perdere, si piegò sulle scarpe. Les stette un istante a guardare i capelli grigi di suo padre e le dita che gli tremavano. Poi si allontanò.
L’orologio con il vetro rotto era ancora sul tavolo della sala da pranzo. Les lo prese ed entrò nella cucina dove posò l’orologio sul tavolo. Mio padre ha pensato a questo orologio per tutta la notte, si diceva, altrimenti non se ne sarebbe ricordato.
Versò dell’acqua fresca nel bollitore e premette un bottone per mettere in marcia due uova al bacon. Riempì due bicchieri di succo d’arancia e si sedette.
Un quarto d’ora più tardi entrò suo padre. Indossava il vestito blu. Le scarpe erano scrupolosamente lucidate. I capelli erano pettinati, spazzolati, lisci. Sollevò il coperchio del percolatore. Aveva, nell’insieme, un’aria molto attenta e molto vecchia.
– Siediti, disse Les, ti servo io.
– Non sono mica impotente. Stai pure comodo.
Les ebbe la forza di sorridere.
– Ho fatto friggere delle uova al bacon, disse.
– Non ho fame.
– Ma bisogna mangiare, papà, e mangiare bene. Ne hai bisogno.
– Non ho mai avuto bisogno di mangiare bene, rispose il vecchio seccamente e girandogli le spalle. Non ci credo. Ed è un male per lo stomaco.
Les chiuse gli occhi e sul suo volto si dipinse il disappunto. Perché mi sono alzato, perché mi sono preoccupato ancora di questo? E’ insopportabile. Tutto finito per delle discussioni. No! Si riprese.
– Hai dormito bene, papà?
– Naturalmente! lo ho sempre dormito perfettamente. Molto bene anzi. Tu, può darsi, credi che questo mi impedisse di dormire, questo….
Cambiò bruscamente il corso della conversazione e disse con una specie di ostilità:
– Dov’è quest’orologio?
Les sospirò. Era stanco. Gli porse l’orologio. Il padre attraversò con passo rapido la cucina, prese l’orologio dalle mani di suo figlio e lo guardò attentamente, piegando le sue secche labbra.
– Ma non è un buon lavoro, è paccottiglia!
Mise con cura l’orologio nel taschino del suo panciotto.
– Vado a fargli mettere un buon vetro. Di cristallo. Un vetro infrangibile. Les fece un segno di assenso.
– Sarà molto carino, aggiunse a mò di risposta.
Il caffè era pronto. Les ne riempì due tazze poi si alzò e spense il grill automatico. Non aveva nessuna voglia di mangiare le uova al bacon.
Si sedette sul tavolo. Il viso severo dei padre lo fissava. Prese una sorsata. Il caffè gli bruciava la gola ed aveva un gusto amaro. Ma niente, Les lo sapeva, avrebbe avuto un gusto gradevole quella mattina. Era necessario rompere il silenzio. Les domandò:
– A che ora è il tuo appuntamento?
– Alle nove.
– Veramente non vuoi che ti accompagni?
– Veramente no. E la voce del padre aveva quella falsa pazienza di coloro che parlano ad un bambino che li irrita. Il metrò va bene. Arriverò là largamente in anticipo.
– Allora va bene, pà.
E Les guardò la sua tazza di caffè. Pensò che avrebbe dovuto parlare, trovare qualcosa da dire, non fu capace di trovare niente.
Ed il silenziò gravò tra loro per minuti lunghissimi, mentre Tom, metodicamente, sorbiva il suo caffè a piccoli sorsi.
Les passava la lingua nervosamente sulle labbra. Sentì che tremavano e le nascose dietro la tazza. Parlare, si disse, parlare e parlare, di auto, di metrò, di temi d’esame, quando tutti e due, parlando, sapevano bene che il padre poteva essere condannato a morte durante la giornata.
Gli dispiacque d’essersi alzato. Sarebbe stato meglio se il padre fosse uscito prima che lui si fosse alzato. Si accorse di desiderare che il tutto si svolgesse così, definitivamente: lui si sveglia un mattino e trova la camera di suo padre vuota. I due vestiti spariti, le scarpe nere sparite, gli abiti da lavoro spariti, i fazzoletti, le ciabatte, i calzini, le bretelle, i suoi oggetti per radersi, tutti questi segni di vita, spariti.
Ma le cose non sarebbero andate così. Dopo il fallimento di Tom, sarebbero ancora trascorse alcune settimane, e poi sarebbe arrivata la lettera di convocazione, ed altre due settimane sarebbero ancora passate prima della data. E vi sarebbe stato questo triste susseguirsi di cose: le valige che avrebbe fatto, le cose da gettare, le cose da dare, una lunga serie di pasti presi insieme, delle conversazioni, ed infine l’ultimo pranzo. Il lungo tragitto in auto al Centro amministrativo, quell’ascensore da prendere insieme, un ascensore silenzioso ma che avrebbe inevitabilmente fatto un leggerissimo rumore, l’ascensore di ….
Gran Dio!
Un fremito lo percorse ed ebbe paura che si sarebbe messo a piangere. Alzò gli occhi, guardò suo padre in piedi, e non poté fare a meno di provare orrore.
– lo parto, disse Toni.
Les consultò il pendolo a muro.
– Ma sono le sette meno un quarto. Non è poi così lontano questo …
– Preferisco arrivare prima, rispose deciso il padre. Non ho mai sopportato di arrivare in ritardo.
– Va bene, pà, ma non ci vuole un’ora per arrivare in città.
Les sentì una fitta dolorosa allo stomaco.
Il padre scosse la testa e Les capì che non aveva inteso.
– E’ troppo presto, pà.
– Non im – por – ta!
– Ma non hai mangiato niente.
– Non ho mai mangiato molto al mattino. Non è bene per ……
Les non sentiva più. Tutto ciò che suo padre poteva aggiungere sulle sue abitudini, il suo mangiare, la sua digestione, ed altre storie, tutto non aveva alcuna importanza. Si sentiva sommerso da onde impetuose di orrore. Avrebbe voluto saltare al collo dei vecchio, stringerlo tra le braccia e dirgli di fottersene dei test, che tutto questo non serviva a niente, perché loro lo amavano tanto e si sarebbero presi cura di lui. Ma non riusciva a fare un movimento, ad alzarsi.
Restò seduto, bloccato nella sua sofferente paura, lo sguardo su suo padre. Non riuscì neanche a dire una parola quando l’uomo andò alla porta della cucina e gli disse, con voce atona, in cui lui poteva cogliere le sue ultime forze:
– A questa sera, Leslie.
La porta si chiuse. L’aria smossa dalla porta venne ad urtare le ginocchia di Les e lo fece rabbrividire.
Si alzò d’improvviso, si precipitò alla porta della cucina, e vide, in anticamera suo padre pronto ad uscire.
– Papà!
Tom si fermò e si girò, sorpreso di vedere Les che attraversava la sala da pranzo. Les contava mentalmente i passi, uno, due, tre, quattro, cinque. Si arrestò davanti a suo padre e si costrinse a sorridere.
– In bocca al lupo, papà. A questa sera.
Stava aggiungendo: “Aspetterò con impazienza “, ma gli fu impossibile. Suo padre fece un segno con la testa. Uno solo, breve e molto dignitoso, come fosse un segno di cortesia verso un estraneo.
– Grazie, disse e se ne andò.
La porta si chiuse e Les ebbe l’impressione che un muro si, fosse eretto, un muro che suo padre non avrebbe più potuto attraversare.
Les si mise alla finestra e vide il vecchio che scendeva lentamente lungo il piccolo sentiero e girava a sinistra per seguire il marciapiede. Lo seguì con lo sguardo fino a quando attraversò la strada. Il vecchio uomo andava con passo sicuro, con le spalle raddrizzate, anziché cadenti come al solito, e si allontanò diritto e vivo nel grigiore del mattino.
Les credette per un istante che piovesse. Ma si accorse che l’umidità che velava il suo sguardo non era nemmeno sui vetri.
Non andò al lavoro. Telefonò, disse che era ammalato e restò a casa. Terry preparò i figli che partirono con il bus per la scuola. Dopo il pranzo, Les l’aiutò a sparecchiare la tavola e a riempire e avviare la lavastoviglie. Terry non fece alcuna allusione alla sua insolita presenza a casa.! Andava e veniva come se questa presenza fosse normale, come se lui fosse in vacanza.
La mattina ed il pomeriggio li passò in garage, facendo dei lavoretti, cominciandone diversi che aveva da tempo programmato. Ma li abbandonò uno dopo l’altro. Verso le cinque ritornò in cucina per farsi una birra, mentre Terry preparava la cena. Non disse una parola alla moglie. Se ne andò in salotto e camminò avanti e indietro, arrestandosi spesso per gettare un colpo d’occhio, dalla finestra, al cielo basso, per poi riprendere il suo andare e venire.
Ritornò in cucina.
– Mi domando dov’è?, disse.
– Starà rientrando, gli rispose Terry.
Les ebbe un moto di collera, credendo di aver inteso una sorta di disgusto nelle parole di Terry. Ma si disse subito che la sua immaginazione andava troppo lontano e si calmò.
Se ne andò a fare una doccia. Quando si rivestì erano le cinque e quaranta. I ragazzi erano rientrati. Si misero tutti a tavola. Notò che sua moglie aveva riservato il posto per suo padre, e si domandò se fosse per dei riguardo nei suoi confronti.
Non poteva mangiare. Ruppe la sua carne in pezzetti sempre più piccoli ed intingeva nel burro le sue patate arrostite, ma non mangiava.
Si accorse che suo figlio Jim gli stava parlando.
– Cosa c’è?, disse.
– Pà, se il nonno non passa al test ce n’ha per un mese, vero?
Sentì come un colpo allo stomaco mentre si girava verso suo figlio maggiore. “Ce n’ha per un mese?”, la domanda di Jim gli risuonava nella testa.
– Ma di che cosa parli?
– Nel mio manuale di educazione civica si dice che le persone anziane hanno un mese di vita dopo che hanno fallito il test. E’ così, vero?
Tommy intervenne.
– No, non è vero. La nonna di Harry Suker ha ricevuto la lettera due settimane dopo.
– Cosa ne sai tu, disse Jim. L’hai vista, tu?
– Basta!, quasi urlò Les.
– Non avevo bisogno di vederla, stava dicendo Tommy, Harry mi ha detto che….
– Ho detto basta!
I due ragazzi si interruppero e guardarono il viso, improvvisamente sbiancato, del padre.
– Non si deve parlare di queste cose, disse Les.
– Ma cosa c’è che….
– Jimmy, lo azzittì la mamma severamente.
Jimmy guardò sua madre, e riprese lentamente a mangiare. Mangiarono in silenzio.
” La morte del loro nonno non ha alcun senso per loro, pensava amaramente Les, assolutamente alcun senso.”. Sentì un nodo alla gola e fece uno sforzo per placare la rigidità lungo tutto il suo corpo. “Perché dovrebbe significare loro qualcosa, dato che non è il loro momento di avere di queste preoccupazioni? Perché imporgliele? Anche per loro sarebbe venuto il momento.”.
Quando la porta di entrata si aprì e si richiuse erano le sei e dieci. Les si alzò talmente bruscamente che il suo bicchiere vuoto si rovesciò.
– Les, per favore!
Terry aveva reagito immediatamente e lui capì che aveva ragione. Si lasciò ricadere sulla sedia, lo sguardo fisso sul suo piatto pieno, il cuore che batteva. Prese la forchetta con la mano ferma. Nello stesso momento sentì i passi dei vecchio sul tappeto del salotto e subito dopo che saliva le scale. Guardò Terry e vide che inghiottiva a fatica. Era incapace di mangiare. Restò seduto, la respirazione ansimante. Infilzava dei pezzetti di cibo con la forchetta. Alla fine Terry portò la torta in tavola. Lui si scusò e lasciò la tavola.
Quando fu al primo gradino della scala la porta della cucina si aprì. Intese la voce imperiosa di sua moglie:
– Les!
Si immobilizzò in silenzio. Lei lo raggiunse.
– Non sarà meglio lasciarlo solo?, disse.
– Ma, cara, io …..
– Les, se il test gli fosse riuscito, sarebbe entrato in cucina per dircelo.
– Cara, non può sapere se ……
– Ma se ce l’avesse fatta glielo avrebbero detto, e tu lo sai bene. E’ venuto a dirlo le altre volte. Se fosse riuscito a passare il test, avrebbe….
La sua voce le si strozzò nella gola ed ebbe un fremito vedendo lo sguardo di lui. In un pesante silenzio, sentirono il battere forte della pioggia sui vetri delle finestre. Si guardarono lungamente. Les, alla fine, disse:
– Io salgo.
Lei mormorò:
– Les!
– Non vado a dirgli niente per contrariarlo. Io ……
Un momento ancora si guardarono, dopo Les salì le scale. Terry lo seguì con lo sguardo mentre saliva ed aveva un’espressione di desolazione sul viso.
Les si arrestò per un buon minuto davanti alla porta chiusa, cercando di riprendere le forze. “Non devo contrariarlo, si diceva, non devo.”.
Bussò lievemente e nello stesso momento si domandò se non stesse facendo un errore. Era infelice. Non sarebbe stato meglio lasciare il vecchio tutto solo?
Ascoltò, nella stanza, il rumore di qualcuno che si muoveva dal letto e poi quello di piedi sul pavimento. Les trattenne il fiato.
– Papà, sono io, disse
– Cosa vuoi?
– Posso vederti?
Silenzio all’interno.
Intese la voce di suo padre “Bene…” e, subito dopo, silenzio.
Sentì l’alzarsi ed i passi nella camera, e poi un rumore come un fruscio di carte e quello di un cassetto che veniva accuratamente chiuso.
Alla fine la porta si aprì.
Toni indossava la vecchia vestaglia sui suoi vestiti, aveva le pantofole. Les domandò con calma:
– Posso entrare, papà?
Il padre esitò un istante e poi disse “Entra.”. Ma non era un invito, era come se avesse detto: “Dopo tutto è casa tua, non posso impedirti di entrare in questa stanza.”.
Les avrebbe voluto dire a suo padre che non voleva disturbarlo, ma non trovava le parole. Entrò e restò lì, in piedi ed in attesa, al centro dei vecchio tappeto.
– Siediti, disse suo padre.
Les si sedette sulla sedia, sulla cui spalliera Toni metteva i vestiti quando si spogliava per coricarsi.
Quando vide suo figlio seduto, Tom si alzò dal letto con un leggero brontolio. Si guardarono esattamente come degli estranei per dei momenti che sembrarono lunghissimi, ciascuno aspettando che l’altro si decidesse a parlare. Com’è andata? Les sentiva queste parole, ma non poteva pronunciarle. Com’è andata …. è andata … come….
– Suppongo che vuoi sapere ciò che … è successo?, disse il padre facendo uno sforzo visibile per controllarsi.
– Si, disse Les, io v …. (si trattenne a sua volta). Si, disse ancora e tacque.
Il vecchio Toni guardò il pavimento. Poi alzò la testa e guardò suo figlio con una sorta di orgoglio.
– Non ci sono andato, disse.
Les credette che tutte le forze lo abbandonassero, come se cadessero tutte sul pavimento. Restò seduto, immobile, guardando suo padre.
Il vecchio riprese:
– Non avevo nessuna intenzione di andarci. Ma mi vedi a prestarmi a tutte queste stupidaggini. Test fisici, test mentali, impilare dei mattoncini su una scrivania, e Dio sa cos’altro ancora. Non avevo nessuna voglia di andarci.
Si arrestò e guardò suo figlio con sfida come se desiderasse che lui gli dicesse che aveva sbagliato. Ma Les era incapace di dire una sola parola.
Il tempo passò lentamente. Les si riprese e, arrabattandosi per scegliere le parole, disse:
– Che cosa farai ….. adesso?
– Non pensare a questo, non darti pensiero, rispose il padre quasi felice per la domanda. Non preoccuparti per il tuo vecchio papà. Tuo papà sa molto bene come ci si deve comportare.
E improvvisamente Les si ricordò dei fruscio dei sacchetto di carta e del rumore come di cassetto chiuso. Era pronto a ricercare nella scrivania per ritrovare il sacchetto. Resisteva a questo desiderio con tale forza che sentiva quasi delle scosse nella testa. Sussurrò “Va bene”, senza nemmeno rendersi conto di ciò che stava dicendo e di quanto tutto fosse inutile e crudele.
“Ma è affar mio”, Les sentì le parole che quasi gli uscivano. Ma non le disse. Qualche cosa, in questo vecchio, glielo impediva, una sorta di forza aggressiva e di impassibile dignità che sapeva di non dover sfidare.
– Vorrei riposare, adesso, disse Toni.
E per Les fu come se avesse ricevuto un colpo allo stomaco.
– Vorrei riposare, riposarmi bene, adesso.
Le parole risuonavano come se fossero state pronunciate in una lunga galleria. Si alzò. Riposare, riposare adesso.
Les si sentì quasi spinto alla porta. Si voltò e guardò suo padre. “Arrivederci, papà”, ma le parole gli si spegnevano dentro.
Allora suo padre sorrise e disse:
– Buona notte, Leslie.
– Papà!
Sentì la mano del vecchio nella sua, più ferma della sua, più forte e più dura. Il contatto lo calmò, lo rassicurò. Sentì poi la mano sinistra di suo padre sulla propria spalla.
– Buona notte, figlio.
Erano molto vicini l’uno all’altro in quel momento. Allora Les vide. Sopra la spalla di suo padre il sacchetto di carta della farmacia, arrotolato come una palla, in un angolo della camera, come se fosse stato gettato per evitare che lui lo potesse vedere.
Si trovò sul pianerottolo, inondato da un terrore senza nome. Ascoltò il rumore del meccanismo che chiudeva la porta. Anche se suo padre non avesse richiuso lui sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di rientrare.
Per alcuni minuti guardò la porta chiusa, tremando in tutte le membra, senza poter reagire. Infine discese.
Teny lo aspettava ai piedi della scala. li suo viso aveva perso ogni colorito. Lei lo interrogava con lo sguardo mentre lui scendeva i gradini.
– Lui …. lui non è andato.
Era tutto quello che aveva potuto dirle.
Lei emise un piccolo rumore soffocato, trattenuto, venutole in gola, che voleva dire: “Ma…”
– E’ andato dal farmacista, disse Les. Ho…io ho visto il sacchetto nell’angolo della stanza. Lo aveva buttato per nasconderlo. Ma io l’ho visto.
Per un breve istante credette che lei si sarebbe lanciata sulle scale, ma non fu che un gesto di istintivo movimento dei corpo.
– Ha dovuto far vedere al farmacista la lettera di convocazione. E il farmacista gli avrà dato delle pillole. Lo fanno tutti i farmacisti con tutti i vecchi.
Passarono alla sala da pranzo e restarono seduti in silenzio. La pioggia continuava a picchiettare sui vetri.
Terry, con voce appena percettibile, disse:
– Che cosa facciamo?
– Niente, rispose lui in un sussurro. In gola si sentiva strozzare e la respirazione era irregolare. Niente … niente.
Camminò come un automa verso la cucina e sentì il braccio della sua donna che lo stringeva, come se volesse esprimergli il suo amore, perché questa specie d’amore non poteva venir espresso con le parole.
Durante tutta la sera restarono seduti in cucina. Dopo aver messo a letto i ragazzi, Terry ritornò a sedersi. Restarono là, bevendo caffè, parlando di quando in quando, dicendosi con calma delle cose per loro soli.
Verso mezzanotte lasciarono la cucina. Prima di salire, Les attraversò la sala da pranzo e vide, sul tavolo, il suo orologio. Il vetro era stato cambiato. Non ebbe il coraggio di toccarlo.
Arrivarono sul pianerottolo e si misero a letto. Terry attivò la sveglia, come faceva ogni sera.
S’addormentarono, dopo qualche ora.
Il silenzio, nella camera del vecchio, fu lo stesso durante tutta la notte.
E durante tutta la giornata del giorno dopo. Lo stesso silenzio.
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