Il senso
2024-12-03non sempre ciò che capiamo è quanto tratteniamo da quello che ci viene detto e non sempre ciò che campiamo poi lo applichiamo e se lo applichiamo facciamo del nostro meglio.
Nella giornata grigia sotto i portici della Biblioteca di Locarno si commentano le vicende legate ai vaccini, ai disguidi legati alle produzioni delle poche ditte farmaceutiche che hanno in fretta brevettato e eseguita la procedura di approvazione da parte delle diverse agenzie del farmaco, delle varianti di questo invisibile nemico, con un DNA semplice, ma che ha rivoltato come un guantino l’economia, la popolazione mondiale, le abitudini di ognuno, e per un periodo che non sarà breve e le cui conseguenze resteranno come ferite. Relativamente ai vaccini rammento la particolarità dell’unica legislazione che ho conosciuto, quella italiana, che proibiva la brevettabilità per qualsiasi medicamento per l’uomo, l’animale o il vegetale. Era una norma del periodo fascista e la ragione di tale proibizioni veniva dal possibile pericolo (egemonia) rappresentato dal brevetto in una situazione di emergenza. E la stiamo assistendo. Ho vissuto l’evento della peste suina che persisteva nella pianura padana, alcuni decenni fa, sino a supporre, data la persistenza inusuale, una presenza di untori di paesi esportatori di carne suina, pur di mantenere la situazione di predominanza. La produzione di vaccino non è cosa complicata. Complicato è eseguire la procedura per arrivare a registrazione, per poter immettere sul mercato il vaccino, in sicurezza per coloro che vengono vaccinati. Normalmente è una procedure, per qualsiasi farmaco che impiega dai 3 ai 5 anni. In questo caso si sono bruciate le tappe. Vaccino russo, vaccino cinese, vaccino, USA, vaccino europeo. Due considerazioni:
La prima riguarda i tempi: se i sei mesi sono stati sufficienti per l’approvazione del vaccino Pfizer o AstraZeneca, come mai sono necessari, come minimo, tre anni per altre specialità? Emergenza? Ma la sicurezza non ha niente a che vedere con l’emergenza. Se i 3 mesi o i 6 mesi sono sufficienti, perché non avere questo come prassi?
La seconda riguarda la non brevettabilità. La legislazione italiana è stata abrogata con una sentenza della Corte Costituzionale il 20 marzo del 1978 (Luzzi, Salute e sanità nell’Italia republicana (pag 294)), quale contropartita, se non vado errato, per 500 milioni di dollari, necessari al governo del momento, Andreotti se non vado errato. In un caso di emergenza come quello che abbiamo vissuto e sofferto, tempestati da notiziari da bollettini di guerra, con crisi mentali assurde e difficilmente immaginabili, qualsiasi industria farmaceutica avrebbe potuto produrre vaccini. Ricordo che nel settore zootecnico ogni Istituto Zooprofilattico, in caso di emergenza, autoproduce dei vaccini stabulogeni, anche per la singola stalla, per il singolo virus o bacillo.
Ma vuoi vedere che il Coronavirus Time è una tremenda occasione di business?
I miei amici mi guardano perplessi. “Possibile che tu hai sempre in mente uno scenario differente?”. Rispondo dicendo che se emergenza c’è si poteva ripristinare quella norma, appunto per l’emergenza, altrimenti proprio emergenza non è ma super occasione. E quando l’occasione tarda, viene la voglia di accelerarla, di produrla, di continuarla, magari di perpetuarla. Due iniezioni a distanza di 1 mese e valide per 6-8 mesi, quindi ripetibile anno per anno. E guai a produrle localmente perché ci sono i brevetti! Sto solo dicendo che se emergenza è la produzione dovrebbe essere libera, senza vincoli, e fabbricata localmente dalle industrie farmaceutiche.
Con la nostra mascherina andiamo in Piazza Grande a prenderci un aperitivo, mantenendo le distanze chiaramente.
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