creatività politica

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Ricevo ad Ascona questa annotazione, ringrazio per l’invio e voglio condividerla.

Non tutti sappiamo che, all’interno dell’Europa, esiste un paese che si chiama Fyrom e la cui capitale è Skopije. Da decenni Atene e Skopije si stanno scannando sull’uso o meno del nome Macedonia, per definire quel paese. Embarghi, screzi, sanzioni, veti. Ora, dopo lunghe meditazioni ed incontri, la nuova proposta di Skopije: se Repubblica di Macedonia non va bene, allora cosa ne pensate di Repubblica di Nuova Macedonia? Grandi.

Da quasi trent’anni, due Paesi europei tentano inutilmente di risolvere una questione bilaterale considerata da molti come una delle dispute più irrazionali e assurde della storia contemporanea. Vale a dire, la “disputa sul nome” tra la Repubblica di Macedonia e la Grecia.

Dal 1991, la Grecia si oppone infatti all’uso del termine Macedonia da parte del suo vicino settentrionale. Dopo diversi anni di negoziati a bassa intensità tra Skopje, Atene e presso gli uffici delle Nazioni Unite a New York, il dialogo si è intensificato e una soluzione reciprocamente accettabile appare oggi più probabile che mai.

In pochi mesi, i ministri degli Esteri di Macedonia e Grecia hanno avuto più incontri che nei precedenti 27 anni: Atene, Davos, Skopje, Sofia, New York e Bruxelles sono tra le città in cui i due si sono confrontati quest’anno. Obiettivo di Skopje e Atene è di risolvere la lunga controversia prima del Consiglio europeo di fine giugno, o almeno per il vertice Nato dell’11-12 luglio. Se ci riusciranno, la soluzione spalancherà le porte all’ulteriore integrazione euro-atlantica della Macedonia.

Una controversia lunga quasi tre decenni La questione del nome è esplosa alla fine del 1991, nel bel mezzo della dissoluzione della federazione jugoslava. La Repubblica socialista di Macedonia, una delle sue sei repubbliche costituenti, proclamò allora la sua indipendenza – seguendo l’esempio di Slovenia e Croazia -, e chiese il riconoscimento internazionale sotto il nome di “Repubblica di Macedonia”, senza più l’aggettivo “socialista”. Con l’intensificarsi della guerra jugoslava, Skopje ha poi spinto per un rapido riconoscimento internazionale, temendo l’accendersi di possibili conflitti interni.

La Grecia si è però opposta a qualsiasi uso del termine “Macedonia” nel nome del suo vicino settentrionale, bloccandone le richieste di adesione alle organizzazioni internazionali. Atene ha sempre rivendicato il diritto esclusivo sul nome Macedonia, che considera parte del suo patrimonio storico e culturale, mentre Skopje lo utilizzerebbe per “promuovere ambizioni irredentiste e territoriali” nei confronti dell’omonima regione greca.

Di conseguenza, il Paese è stato accolto come membro delle Nazioni Unite due anni dopo con la denominazione provvisoria di “ex Repubblica jugoslava di Macedonia” (Fyrom), da utilizzare fino al raggiungimento di un accordo con Atene, mentre l’adesione ad altre organizzazioni internazionali (tra cui Nato e Ue) è stata congelata.

Dopo aver toccato il fondo fra 1994 e 1995 – con un embargo commerciale imposto da Atene e il cambio di bandiera e di alcune disposizioni costituzionali da parte di Skopje –, le relazioni fra Grecia e Macedonia sono gradualmente migliorate, fino a un nuovo stallo nel 2008, quando il governo ellenico pose il veto sull’adesione dei vicini settentrionali all’Alleanza atlantica.

Nonostante la pronuncia della Corte internazionale di Giustizia a favore di Skopje, però, trovare un accordo con Atene resta condizione necessaria per la Macedonia sia per aderire alla Nato che per avviare i colloqui di adesione all’Ue.

Cambio di passo (e di clima) Con i cambiamenti politici dello scorso anno a Skopje (la sconfitta dei conservatori di Nikola Gruevski e il nuovo governo a guida socialdemocratica), insieme ai cambiamenti geopolitici globali (l’intensificato interesse russo per i paesi balcanici, volto a indebolire la loro capacità e volontà di essere membri della Nato), i negoziati sul nome sono però di nuovo finiti in cima all’agenda, non solo di Skopje e Atene, ma anche di Bruxelles e Washington.

L’opinione pubblica macedone ha a lungo creduto che la soluzione al rebus potesse essere quella di un nome composto, utilizzato solo dalla Grecia e forse dalle organizzazioni internazionali. Sul piatto però c’è molto di più, ad esempio i codici internazionali, la denominazione della lingua, l’uso commerciale del nome Macedonia.

Nel corso degli anni, i punti di partenza di entrambe le parti si sono gradualmente evoluti verso posizioni più “moderate”. Oggi, l’ottimismo in entrambe le capitali è più alto che mai. Skopje ha ribattezzato il proprio aeroporto principale da “Alessandro Magno” ad” Aeroporto internazionale di Skopje” e la principale autostrada nord-sud, anch’essa dedicata al condottiero macedone, in “Autostrada dell’Amicizia”. Da parte sua, Atene ha revocato il veto per l’adesione di Skopje all’Iniziativa Adriatico-Ionica.

Nel frattempo, premier e ministri degli Esteri di entrambi i Paesi hanno rilasciato diverse dichiarazioni concilianti, incoraggiando l’ottimismo su una possibile soluzione prima dei Vertici Ue e Nato dell’estate. Anche la comunità internazionale sta incoraggiando entrambe le parti a trovare una soluzione alla controversia.

Ad oggi, la principale richiesta della Grecia in questa disputa asimmetrica è di avere una qualifica geografica o temporale tra “Repubblica” e “Macedonia”, in modo da garantire una netta differenziazione tra il nome della Repubblica e la provincia nel nord della Grecia. Inoltre, questo nuovo nome dovrebbe essere usato erga omnes, per tutti gli scopi.

Le opzioni in campo A giudicare dai recenti resoconti dei media, una delle maggiori divergenze tra le parti è l’uso del nuovo nome. La Grecia insiste su un nome che sarà usato da tutti e dappertutto, internamente ed esternamente, principio piuttosto indigesto dal lato macedone. Oltre ad essere considerato umiliante farsi imporre un nome in casa propria, tale soluzione richiederebbe anche modifiche costituzionali, impossibili con gli attuali equilibri politici nel Parlamento macedone.

In questa luce, l’ultima proposta di Skopje, prontamente respinta da Atene, è stata “Repubblica di Ilinden Macedonia” per uso erga omnes. La nazionalità proposta è quella di “cittadino della Repubblica di Ilinden Macedonia”, la lingua “makedonski”, i codici internazionali MKD e MK.

Il qualificatore Ilinden si riferisce all’insurrezione del 1903 contro l’Impero ottomano ed è stato considerato dal governo macedone come il meno problematico per l’uso interno. Respinto questo, torna sul tavolo l’insieme di idee del negoziatore Onu basato su qualificazioni geografiche come “Nord”, “Superiore”, “Nuova”, ” del Vardar”.

Anche se si riuscirà a trovare un accordo, è della massima importanza che tutte le parti coinvolte siano consapevoli che trovare un nome non è la parte più difficile del processo. Implementare la soluzione, presentarla ai cittadini di entrambi i Paesi e soprattutto avere il via libera da parte delle opposizioni interne è un processo molto più difficile.

Tutto questo risalta chiaramente alla luce dell’ultima soluzione promossa, quella di “Repubblica di Ilinden Macedonia”: secondo i media in lingua macedone, il premier greco Alexis Tsipras avrebbe infatti accettato la proposta, facendo però un passo indietro dopo la reazione agguerrita dell’opposizione e le proteste nelle piazze greche.

Non bisogna poi illudersi che con la firma di un accordo le cose cambieranno drasticamente. Nessun beneficio sostanziale a lungo termine può essere raggiunto se i popoli dei Balcani non accettano la realtà:

che i confini sono inviolabili, i diritti delle minoranze da proteggere e il riconoscimento dell’esistenza delle altre lingue e culture necessario.

In mancanza di queste condizioni, il tanto atteso accordo aprirà probabilmente le porte alla Nato, forse all’integrazione europea, ma non creerà basi solide per relazioni di buon vicinato sostenibili e a lungo termine.

 

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ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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