probiotici e mia incredulità 2

probiotici e mia incredulità 2

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Ci siamo ritrovati a Losone, il sole aveva permesso una partita di golf agli amici, mentre noi, gli handicappati, li abbiamo aspettati al bar. La conversazione riguardava nuovamente il mondo delle cellule e l’attività del microbiota. La signora A., grande sponsor di fermenti per la regolarizzazione dell’intestino e il dottore di ieri, che ad ogni prescrizione di antibiotico o di farmaco [anche una vaccinazione], consiglia l’assunzione di probiotici erano piuttosto perplessi. In particolare sul fatto che mettevo in dubbio con la mia affermazione relativa al ceppo, genere, specie e imprinting, che vi fosse una firma, possibile solo da diretti appartenenti al microbiota personale dell’organismo. In pratica i batteri allogeni non parlano il linguaggio strettamente personale del microbiota e difficilmente possono collaborare, data la diffidenza del microbiota nei confronti di qualsiasi cosa non appartenga o provenga da lui stesso.

Ma come puoi sostenere questo? Lungi da me fare una esposizione scientifica, non ne sono capace ne ho una conoscenza profonda. Se Lei signora e Lei dottore, siete convinti, continuate nei vostri comportamenti. Vi consiglio, e lo consiglio a tutti, invece di gossip e della lettura di thriller, che alla fine non ti lasciano niente, di leggere La mécanique du vivant di Jean-Pierre Henry, di cui ho una copia nel mio zainetto. E’ lui che parla: il microbiota è formato da 500 a 1000 specie di cellule, che tra loro formano delle comunità grazie alla capacità di scambiarsi le informazioni e la decisioni di come e dove spostarsi e di cosa fare. Vedete a pagina 146, nel capitolo Les bactéries, premiers occupants de notre monde, formano film batterici per impedire che estranei, in special modo delle specie patogene o parassitarie possano attecchire [e questo ne ho conoscenza diretta, e se volete ne parliamo] e arrivano addirittura ad applicare la strategia del “quorum sensing” (sic!: assemblee condominiali) per poter decidere, dopo essersi scambiati tutte le informazioni, su dove andare e cosa fare (decidono a maggioranza!!!). Prendete nota poi, e questo è davvero importante, l’aforisma di Jacques Monod “quello che vale per Escheria Coli vale per l’elefante”, che viene ripetuto diverse volte nell’eccellente pubblicazione dal ricercatore e scienziato Henry. Per rafforzare quanto da me riportato in merito alla mia incredulità, al mio scetticismo per quanto riguarda l’assunzione di probiotico per la regolazione o il ripristino di un disequilibrio provocato, vi porto due esempi.

Il primo è a pagina 153 e lo leggiamo insieme. Si tratta di test effettuati su topi axenici (senza il microbiota alla nascita) a cui i ricercatori portavano delle flore per degli studi relativi all’obesità. L’Autore sottolinea “Per evitare i problemi genetici, i microbioti (flore intestinali) provenivano da sorelle gemelle, l’una obesa e l’altra magra. Come vedete i ricercatori sono ben consci che vi sono dei problemi genetici, tant’è che scelgono delle sorelle gemelle!. Ma se il microbiota ha queste quantità astronomiche di cellula batteriche, che senso ha apportare una quantità di bifidum o di lactobacillus di cui non si conosce la provenienza genetica e tutto il resto? Come verrà preso dalla comunità del microbiota personale? Comunità che abbiamo visto, lo dice l’autore, combattono battaglie fratricide, terribili, stile War Stars.

Il secondo esempio mi fa ritornare giovane. Al mio incontro con il Prof. M. , cattedrattico di microbiologia all’Università di Bologna, allievo dell’emerito Prof. Scardovi, mister bifido italiano. Fu lui che per verificare, quanto dicevo in merito alla capacità del mio prebiotico della stimolazione dell’attività della flora batterica (allora non si diceva ancora microbiota), volle un campione e mi richiamò circa un mese dopo: “devo vederla perché ho delle cose per lei”. Professore comanda e ragioniere serale trotta. Mi disse di aver verificato l’efficacia delle nostre cellule inattivate su bifidi della propria anziana madre, che aveva problemi intestinali (i bifidi dello stesso suo figlio o di altri non avrebbero avuto nessun effetto, è lui che me lo dice, e io riporto le sue parole). Mi conferma che, effettivamente, il prebiotico stimolava in  maniera sorprendente l’attività dei bifidi della madre, la quale ottenne la soluzione dei suoi problemi. Per ringraziarmi mi fece dono del ceppo di lattobacillo, che ancora oggi viene utilizzato per il controllo di ogni lotto di fabbricazione del prebiotico. E’ un ceppo, presente normalmente nel microbiota degli organismi, la cui caratteristica è che il periodo di latenza è di 5-6 ore e quindi permette di verificare il risultato durante una giornata. Il prebiotico di cui parlo è inattivato, morto, quindi non ha alcuna attività, in maniera sorprendente stimola l’attività dei diversi componenti di tutti i simbionti sinora testati, e sono davvero molti, in Laboratorio dopo, chiaramente, aver svolto le verifiche in vivo. La migliore attività del microbiota si traduce in un aumento di energia per i 100 mila milioni della cellule dell’organismo che possono mantenere alte le loro immunodifese e svolgere al meglio le diverse loro attività, dei diversi compartimenti, come l’autore Henry, li denomina. Che le cellule inattivate stimolino il microbiota in vivo è stato convalidato dalle prove scientifiche del Prof. Randolph Riemschneider su Xenopus Laevis Daudin, proprio per verificare l’attività del microbiota e l’assenza di effetti secondari. Quando volete ne parliamo.

Ho constatato un aumento del livello della curiosità.

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ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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