L’ultimo giorno di sole sul lungolago di Ascona.
Ho vissuto due esperienze una al mare, ed una in montagna, come giorni di vacanza, del tutto fuori stagione, e per approfondire alcune riflessioni. In ambedue i casi mi sono trovato di fronte a dei paesi spopolati dalla gran massa dei vacanzieri e dei proprietari di case di vacanza. Spopolati ma comunque abitati da una sempre più sparuta quantità di aborigeni stanziali. In ambedue i casi il numero dei giovani in cerca di fuga (assolutamente non programmata, ma comunque fuga) era maggiore della scomparsa degli anziani. L’osservazione si è posata sul numero decrescente degli esercizi aperti, e del numero delle ore, vorrei dire dei momenti, nei quali detti esercizi restavano aperti.
“Non copriamo le spese, se apriamo non riusciamo a fare cassa”. I miei lontani studi di ragioneria serale mi ricordavano che la frase era inesatta: alcune spese, e sono pesanti, ci sono e continuano anche se tengo chiuso. Ma qui viene la PROPOSTA. Il Comune rappresenta gli interessi dei cittadini, e quindi può nominare gli esercizi quali ATTIVITA’ STRATEGICHE DI PUBBLICA UTILITA’: come la protezione civile? Si, se hai bisogno di latte o pane ed i negozi sono chiusi dove vai? alla protezione civile?. E’ lo stesso. Ciò che cambia è il posizionamento fiscale tra la protezione civile e quei negozi. Il Comune indice un referendum tra i cittadini e stabilisce che gli esercizi di pubblica utilità diano esentati dalle tasse. Questa è il grande costo che continua anche se tengo chiuso, e il costo è continuo per 265 giorni all’anno e per ogni ora di sacrosanto giorno.
Per mantenere la qualifica di esercizio di pubblica utilità DEVO però stare aperto ed essere rifornito della merce necessaria per gli stanziali. Creo un circolo virtuoso al posto del circolo vizioso attuale.