Non è emozione è razionalità

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Da Ascona. Commento con la gioventù il fatto dei migranti. Al di là del fatto che vi siano persone in difficoltà e che debbano essere aiutate. E’ l’approccio che lascia fortemente perplessi, non l’obbligo morale che ognuno di noi sente di farsi più ristretto per aggiungere un posto a tavola. Sono due o più posizioni differenti. L’approccio deve essere quello di identificare molto bene ciascuna persona per poter dare alla stessa delle opportunità umanamente sostenibili. Se sta fuggendo da situazioni di fame (miseria) o paura (guerra), deve essere aiutata. Aiutata ma identificata perché non introduco attraverso un sentimento morale una possibile ed ipotetica minaccia.
Quello che vedo, le poche volte che lascio la riserva, sono giovani da 20 a 30 anni, che chi a piedi o in bicicletta con le cuffie monitorano curiosando, e con l’aria assolutamente neutra, il territorio. Gli itinerari a piedi o in bicicletta sono quasi sempre gli stessi: punto di osservazione vicino ad un negozio, oppure supermercato, oppure giardini, oppure in vicinanza di scuole, con nessun tentativo di svolgere una qualche mansione. Sono tutti maschi e nessuno supera i 30 anni. Se vado a rivedermi e rileggermi tutte le storie delle migrazioni (tutte storie di miseria e paura, e noi ne abbiamo avute molte) non vedo gente per strada ma gente che lavora, e sono tutti lavori pesanti (io personalmente ho vissuto gli anni della migrazione dei meridionali al nord: miseria tanta, ristrettezze infinite, ma una voglia di lavoro davvero straordinaria, giusto per bruciare le tappe e per recuperare). Ho avuto modo di parlare con persone che erano partite per USA, Australia, Svizzera, Belgio, e tutti avevano il lavoro come primo collante. Ho visto i molti slavi migranti dai Paesi ex URSS: albanesi, bulgari, polacchi, ucraini, avevano un differente approccio. Ne conosco alcuni e tutti si sono integrati.
Ma perché questi giovani si comportano in questa diversa maniera? Mi si dice perché non sono in regola con i permessi, non sono stati ben identificati, non si sa, in poche parole, chi sono. La mia personale riflessione (uno dei possibili scenari) l’ho fatta tempo fa: sono dei militari di prima ondata. Sicuramente sono pagati da qualcuno per delle missioni: verifica del territorio ed individuazione, per ognuno di loro, di obiettivi sensibili, anche obiettivi minimi. Ho appena letto che Londra ha saputo sopravvivere ad oltre 9.000 bombe tedesche. Il paragone non tiene. Il paragone è il Vietnam, l’Afganistan, la giungla. La prima ondata viene introdotta e per giunta viene disseminata sul territorio (da 10 a 30 in un territorio di pochi km quadri), quindi la si aiuta a disperdersi. La seconda ondata non sarà con i barconi ma con i ritorni (auto, aereo, nave) di coloro che oggi sono impegnati su diversi fronti. Sono i professionisti. I giovani che vediamo noi con le radioline, le felpe, le scarpe da tennis, è manovalanza. Ma è razionale prevedere, e non è emozione, che il peggio sta davanti a noi? Da qui la necessità della consapevolezza e del discernimento e della capacità di programmare e di indirizzare. Risiedo in un territorio dove i migranti costituiscono il 30% e sono considerati una risorsa, poiché le regole valgono per tutti.

About the author:

ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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