farsi male da soli
2016-10-11
Ascona. La percezione del mercato, ed è un vento globale, esige che un trattamento terapeutico per gli animali da reddito debba essere effettuato solamente in caso di comprovata necessità, riducendo e di molto (30-40%) i trattamenti preventivi. In particolare viene richiesta una maggior consapevolezza ed adeguamento del comportamento dai produttori di alimenti contenenti i trattamenti terapeutici (mangimi medicati). Il nostro personale approccio relativo alla stabilità della dispersione era nel tempo snobbato, considerato l’ultimo dei problemi. Dalla instabilità della dispersione deriva la contaminazione indesiderata e la presenza di agenti farmacologici nelle emissioni interne ed esterne che acuiscono il problema del carry over. Adesso i tempi si fanno stretti. Ed è la corsa in diversi Paesi UE allo spostamento del punto di immissione del trattamento terapeutico fuori dall’impianto di produzione degli alimenti. Il carry over è ineliminabile, è stato affermato in riunione tecniche e sindacali della categoria. Ciò è vero ma è gestibile. Il professionista sempre si trova ad affrontare delle problematiche e le sa gestire: questo è il senso della professione.
L’imprenditore della fabbrica di produzioni di alimenti afferma: “Ma ben venga la non somministrazione del farmaco attraverso il mangime, sono solo problemi.”.
Ritengo che questo non sia il pensiero di coloro che hanno un ruolo in questo specifico segmento: il medico veterinario, il responsabile delle produzioni, della qualità e degli acquisti, il promotore dei mangimi: per loro è la funzione (il posto di lavoro) che viene cancellata, e ciò avviene perché non è stata data, da loro in primis, importanza e valore professionale al loro specifico ruolo.
Il trattamento terapeutico rappresenta per un alimento 300 – 1000 ppm, come quantità. Ma se l’imprenditore è così contento di alzare bandiera bianca in quanto troppo difficile e complicato gestire il trattamento terapeutico nell’alimento, come potrà rispondere quando gli si presenterà la domanda: “Ma con che qualità lei pretende e dichiara di immettere nel proprio mangime una ventina di agenti chimici (vitamine, oligoelementi, aminoacidi, enzimi) che entrano nelle quantità di 0,3 a 20 ppm ?”. E’ la funzione ed il ruolo della professione della fabbricazione di alimenti. Personalmente ritengo che la non gestione del trattamento terapeutico, nobilitante e valorizzante, svaluti la professionalità del produttore di alimenti riducendolo ad un assemblatore di alcuni macroingredienti miscelati tra loro. Un commerciante di granaglie, senza nulla togliere a questa nobile attività. E’ la differenza che corre tra un fruttivendolo ed uno chef di cucina.