L’imperatore Valente mandò in Edessa, Mesopotamia, il suo prefetto affinché uccidesse i cristiani che odiavano l’eresia dell’imperatore. Cacciati dalle chiese i cristiani si erano radunati in un campo. Il prefetto, benché pagano, era di natura mite ed aveva in grande orrore l’uccisione di questi innocenti e segretamente fece sapere ai cristiani che l’indomani avrebbe ordinato la loro uccisione, e fece questo affinchè tutti i cristiani potessero scappare e mettersi in salvo. Il mattino, con una turba di armati, si reca al campo ed ecco che rimira un inatteso spettacolo: Videt frequentiorem solito populum tendere ad locum, currere praecipites, tanquam vererentur, ne quis desse ad mortem. Vede un popolo molto più numeroso del consueto, che correva verso quel luogo, ove sapeva farsi il macello, precipitosamente. Tutti si affrettavano come se temessero di non poter giungere in tempo per patire la morte. Vede, in particolare, una donna che con tanta fretta scappa da casa, senza chiudere la porta, senza aver terminato di vestirsi, come sarebbe convenuto per la decenza di una sua pari, e tirandosi appresso il figlioletto e che correva sgomitando per avanzare nella folla, per arrivare prima.

Il prefetto ordina ai ministri:

– Olà, conducetemi quella donna.

– Dove vai, o donna, con tanta fretta?

– Al campo dove si radunano i cristiani.

– Ma non hai udito che il prefetto se ne va al campo per ucciderli?

– Audivi et ideo festino ut ibi inveniar. L’ho saputo e questa è la ragione per cui mi affretto.

– E questi chi è? – indicando il bambino,

– Il mio figliolo

– E dove lo porti?

– Ut et ipse martyrium consequi mereatur. Acciò sia fatto degno del martirio.

Sentito ciò il prefetto ritorna da Cesare, l’imperatore Valente, e gli racconta che tutti erano preparati a morire per Gesù Cristo e non era cosa degna uccidere in breve tempo così tante persone.

Il prefetto persuase Valente a deporre la sua ira perché la fortezza dei cristiani non si poteva abbattere, in quanto riponevano nella morte la più perfetta vittoria.