Il senso
2024-12-03non sempre ciò che capiamo è quanto tratteniamo da quello che ci viene detto e non sempre ciò che campiamo poi lo applichiamo e se lo applichiamo facciamo del nostro meglio.
Da Sensi sul lungolago ci siamo trovati, in questa giornata di metà novembre, ed avevamo già sorriso leggendo l’articoletto di Julien Damon su Commentaire n. 179: 2030 giriamo le nostre strade senza alcuna presenza del variegato mondo dei senza dimora. Era una descrizione utopica e metteva in risalto tutto ciò che ruota intorno al mondo dei senza fissa dimora. Nel 2030 ci troviamo con nessun mendicante, nessuno che dorma sugli sbocchi dell’aria calda oppure avvolto in cartoni e parecchie logore coperte, nessuna a mettere in mostra le proprie manchevolezze, anche minime, per avere un obolo. L’autore ci ricordava che subito dopo la caduta del muro di Berlino la vera novità era stata la ricomparsa dei senza fissa dimora, un momento prima non esistevano e un momento dopo erano già lì per evidenziare le difficoltà dell’amministrazione nel voler il bene di tutti, nel dovere portare ad una maggiore uguaglianza, nel far vedere che, comunque, vi sono degli altri che se la passano peggio di te, quindi devi ritenerti fortunato. E le lunghe file alle mense di carità, sempre più lunghe con persone anziane ed anche giovani a dimostrazione che c’è molto da fare, che l’amministrazione deve pensare anche a dei problemi più grandi di noi, e ripetizioni sui media, televisioni in particolare e interviste a volontari o dirigenti di volontari con il viso contrito: “purtroppo sono in aumento ed abbiamo bisogno di aiuto”.
Ma se i senza dimora non ci fossero mancherebbe anche qualcosa d’altro nel paesaggio, tutto quel mondo che ruota intorno per occuparsi, per dare un sostegno, quanti volontari, quante organizzazioni senza scopo di lucro, con tutta la loro organizzazione e le loro sedi. Quanti sono?
E mancherebbe anche il ritorno psicologico del poter aiutare, del farsi vedere che si aiuta, del dirci al nostro interno, che siamo buoni perché abbiamo telefonato per dare il nostro anche piccolo contributo, o nell’aver messo delle monete nel cappello del mendicante appoggiato come una pianta al crocevia. Ci mancherebbe davvero qualche soddisfazione interna.
E poi oggi commentiamo i brutti avvenimenti che riguardano interessi di altri Paesi, ma sono tutti in verità, che, intorno a Bruxelles, ma ad ogni centro di potere, influenzano le decisioni tra stati, tra comunità, e lo fanno usando spesso le ONG. Ed anche le ONG che si occupano dei migranti in quel di Roma.
Ma subito queste si difendono “Non è il caso di fare delle ONG tutto un fascio. Non siamo tutte uguali.”.
E dietro i senza dimora nostrani o provenienti da paesi lontani via terra o via mare, quanto business, quante decisioni con i soldi delle tasse, quante nefandezze, e tutti i giorni un numero di telefono per mandare il nostro dono, noi seduti su un comodo divano, anche se vecchio, siamo al caldo, anche se 19 gradi non è gran che, e il nostro animo si illumina di immenso nel donare quei 5 franchi. Come ci sentiamo buoni! E senza aderire a queste richieste quotidiane la nostra vita sarebbe piatta! Con i 5 franchi ci sentiamo previlegiati, un pò più in alto di altri che stanno peggio di noi. Non stiamo dando 5 franchi, stiamo prendendo un tonico, e vi sono sempre più infermieri a volercelo dare. E se i senza dimora non ci fossero come potrebbero esistere gli infermieri?
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