2019, inevitabile.

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Siamo insieme, come si conviene, per salutare il 2018: poteva andare meglio ma è stato un buon anno. Con i cari amici siamo in via Serodine ad Ascona, e, inevitabilmente si parla del nuovo anno. Simone mi guarda, dopo che ho ascoltato il giro delle osservazioni e delle profezie e mi chiede quale sia la mia opinione. L’anno 2019 è caratterizzato dal numero 3, e, guarda la combinazione compirò 75 anni, un altro numero 3. Il numero 3 ha il significato del frutto. 1 l’inizio l’unico, 2 l’azione, il movimento, l’equilibrio, il 3 il figlio, il frutto. Ma questa è cabbala? E’ superstizione? E chi può dirlo?

Il primo commento che mi sento di fare è che lasciamo il 2018 avendo perso la fiducia. Sono d’accordo con quanto abbiamo letto nella biblioteca di Locarno su The American Interest, a firma di Adam Garfinkle. La fiducia l’abbiamo persa perché non riusciamo più a definire l’identità, e questo, lo sapete, è un mio ritornello. Senza identità ti ritorci obbligatoriamente su te stesso, aumenti l’individualismo e non è questo un bene. Ma nella società la nostra fiducia è andata a picco, e purtroppo questo continuerà nel 2019, ed è una ammissione di avvertenza, di pericolo. La fiducia sociale è il bene. Mi trovo d’accordo con i punti relativi alla perdita della fiducia. Potremo, per ognuno dei punti, approfondire, perché costituiscono, anche loro, la possibilità del rafforzamento della base societale.

Il primo è che ci ritroviamo in una popolazione eterogenea, con difficoltà nell’assimilazione, e da qui la perdita d’identità sociale.

Il secondo è rappresentato dal declino della religione tradizionale, ed il cambiamento dei rapporti relativi alla morale, con scarsa considerazione al significato profondo che questo ribaltamento dei rapporti, comporti per il nostro proprio orientamento e per la perdita della fiducia sociale.

Il terzo punto è la diminuzione, ed in qualche caso, l’azzeramento delle interazioni fisiche che fa si che migriamo nell’icona del mondo globale, facendo zapping un po’ qui ed un po’ là, senza mettere radici, anzi indebolendo quelle radicette che ancora ci sono. Migriamo nelle attività, e diventiamo miopi, con una visione ridotta verso l’istante, mentre abbiamo bisogno di riconoscere che il nostro ruolo e funzione giustificano il nostro essere presenti; dobbiamo sentirci fieri di avere qualche attitudine, in funzione dell’esperienza e del percorso che abbiamo fatto. E la fiducia nella società scade.

Il quarto punto è relativo al cattivo funzionamento delle istituzioni. Abbiamo ancora fiducia? Come percepiamo i nostri rappresentanti, a qualsiasi livello siano? Hanno conflitti di interesse, sono corrotti, arroganti, poco facenti e condiscendenti, e possono avere la credibilità da parte nostra? Ma ci sono, ed allora perdiamo ancora di più la nostra fiducia.

Il quinto punto è relativo ai media, ai pericolosi della manipolazione dell’informazione. Buono il legame con i Tre giorni del condor.

Il sesto punto è la famiglia. Il tradimento che ricevono i figli dallo sbrandellamento da parte dei genitori, continuiamo a ripeterci che non è vero, che per i tempi di oggi è normale, ma non è vero. Il tradimento da parte di un tuo allele resta, e i bambini traumatizzati sul piano emozionale hanno a loro volta delle difficoltà ad avere e mantenere dei legami solidi, e questo perpetua il problema. Non è schiacciando l’occhio che si risolvono i problemi e questo incide in maniera profonda alla perdita di fiducia.

Il settimo e, per il momento ultimo punto, è l’intrusione crescente e sgradita del governo, dello stato. La perdita di fiducia sociale è il venir meno del collante tra appartenenti alla società, che non hanno bisogno di regole strette per regolare i rapporti fra loro. Ma appunto perché questa colla viene meno che le reciprocità informali diventano difficile e cresce l’autorità istituzionale formale. E lo Stato si insinua in ogni ambito della nostra vita e delle nostre attività, mettendo sempre più fuori gioco la dinamica naturale della cultura informale. E la fiducia crolla.

E questo continuerà, purtroppo, anche nel nuovo anno. Per quanto riguarda l’aspetto economico, che dire? Sento forti minacce, un mare da burrasca. Sono passati 10 anni dal fallimento della Lehman Brothers ma siamo ancora in alto mare. La crescita è minima tenuto conto delle iniezioni di danaro, ad interesse nullo, dovute alle banche centrali. E questo è un segnale preoccupante. Si aggiunge alla crescita molto bassa, il carattere predatore dei prelevamenti fiscali e l’inefficacia della gestione pubblica centralizzata, senza alcuna possibilità che la spesa per il mantenimento del moloch statale avvenga. Dal 2008 al 2017 lo stock dei debiti, su scala mondiale, è aumentato, passando da 142.000 miliardi a 233.000 miliardi di dollari. L’accelerazione all’automatizzazione non permetterà la creazione di numerosi posti di lavoro. Questi dieci anni dovevano obbligare alla diminuzione delle spese relative alla gestionale centralizzata degli Stati. Così non è stato. Le attività arrancano e vediamo anche cedimenti in Paesi come la Cina. Purtroppo sento un nuovo momento Minsky, lo scavallamento del crinale che mette in moto un ampliamento della crisi. Questo è quello che sento. Mangiamo pure tante lenticchie. La perdita della fiducia sociale e le minacce all’orizzonte sono elementi preoccupanti. Mai gli auguri sono obbligatori come in questo caso. Altro prosecco?

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ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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