Il senso
2024-12-03non sempre ciò che capiamo è quanto tratteniamo da quello che ci viene detto e non sempre ciò che campiamo poi lo applichiamo e se lo applichiamo facciamo del nostro meglio.
Appoggiato al tiglio con tenere nuove foglie lascio scorrere lo sguardo. Sullo sfondo montagne imbiancate, vicino a dei monti ardui, conosciuti, e sto guardando a sud. Ad est le montagne degradano e vedo colline. Ad ovest vi sono monti, una cascata e delle colline che degradano sino all’acqua. L’acqua viene da lontano, e l’ho percorsa tutta, con velocità variabile. Ogni passo dei monti, mi ricorda qualcosa, qualcosa che mi ha preso delle forze.
L’acqua che vedo è bassa, calma: vedo dei sassi sul fondo. E lui è lì: grande, un pò sfatto. Con delle parti che avrebbero bisogno di rappezzi. Lo guardo con un mezzo sorriso. Caro il mio onusto ego galeone. Vedo anche la polena, alcune vele, una è tagliata e svolazza lentamente.
In queste acque può muoversi una canoa, difficile per un galeone, ancora stracarico di non so bene nemmeno di cosa. La canoa voleva andarsene per attracchi. Voglio attraccare dove posso e voglio. Come poteva il galeone pretendere di trastullarsi con la canoa? Ha fatto bene a restare solo. Ha perso dei pezzi ed altri ne perderà: immobile. E lo guardo com-patendolo. Caro il mio ego galeone.
Si gira lentamente e sento gli scricchiolii. Piccoli rumori. E sto qui con i piedi bagnati a guardare, appoggiato al tiglio. Cerco di sorridere ma non mi viene bene. La luce è incerta. Non so se aspettare la luce da sinistra: prima o poi verrà, come al solito.
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