2 – La dimensione del problema

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Macroingredienti (inerti) e principi attivi. Qualche definizione e precisazione.

La riflessione riguarda i principi attivi che vengono utilizzati per anno, ad esempio in Italia. Stime di specialisti indicavano in 30.000 le tonnellate che annualmente vengono utilizzate per la produzione di alimenti per animali. Per sfrondare la dimensione possiamo limitare la riflessione odierna alle quantità relative ai principi attivi non considerati dalla normativa dei macroingredienti, e possiamo ritenere accettabile la quantità di 18.000 tonnellate per anno di: vitamine, minerali, antibiotici, antibatterici, enzimi, coccidiostatici, acidificanti, coloranti, antimuffa, e altri. I principi attivi di cui ci occupiamo sono sostanze chimiche o di fermentazione che sono da una parte indispensabili per l’integrazione della dieta alimentare e dall’altra parte altamente reattivi con altri componenti con i quali vengono in contatto e con le differenti situazioni ambientali (avendo, ogni principi attivo, la caratteristica di essere o totalmente idrofobo totalmente lipofobo): Δ temperature, compressione, pH, tempo, materiali differenti presenti negli impianti di produzione, di logistica e di somministrazione agli animali. I principi attivi vengono utilizzati per la produzione di integratori sia nutrizionali che medicati. La parola integratori sa di vecchio ma vedremo più avanti la proposta di sostituire, almeno nelle nostre attività di approfondimento tecnico, la definizione “premiscela” (premix) in quanto concettualmente banalizzante. Le risorse che entrano in contatto con i principi attivi sono > 500, in Italia. La finalità dell’impiego dei principi attivi si basa su due punti: 1) indispensabilità dell’apporto quale integrazione nella razione quotidiana dell’animale (RQA), 2) evitare che la reattività dei principi attivi stessi possa comportare dei problemi relativamente al comportamento delle loro particelle in quanto la dose di utilizzo varia da 2 a 10 grammi di diversi principi attivi per 100 kg di alimento. Il punto 1 sarà oggetto di approfondimento da parte dei Tecnici Nutrizionisti e Veterinari, così come la chiarezza relativa al mantenimento dei rapporti delle quantità dei singoli principi attivi nella RQA. La riflessione è finalizzata sul punto 2. L’obiettivo del punto 2) è chiaro: la quantità prevista di principio attivo deve essere presente in quella quantità nella RQA. Ne discende: la stabilità del comportamento delle particelle dei differenti principi attivi in contatto con le caratteristiche dei diversi ingredienti degli alimenti, e l’indifferenza del comportamento delle particelle stesse alle diverse tipologie ambientali: Δ temperature, compressione, aria, pH, tempo, contatto con diverse tipologie di materiale e di impianti. L’instabilità del comportamento delle particelle dei principi attivi comporta i problemi della variazione dei loro contenuti rispetto al teorico, del carry over, di contaminazioni indesiderate, di residui difficilmente individuabili all’interno degli impianti e dei mezzi di trasporto e di utilizzo nella distribuzione agli animali, di presenza indesiderata nelle emissioni sia interne che esterne. Le 30.000 tonnellate per anno (per il nostro approfondimento ridotte a 18.000) di principi attivi vengono utilizzate, dalle > 500 risorse, per la produzione di 250.000 tonnellate di integratori, chiamati premiscele (premix), che vengono, a loro volta utilizzate da > 8.000 risorse per la fabbricazione di > 14 milioni di tonnellate di alimenti che vengono somministrati agli animali da > 1.000.000 di risorse. Notiamo che 30.000 tons. diventano 250.000 tons in quanto in un kg di integratore (premix) sono solo 150-200 grammi la parte composta da principi attivi, mentre il rimanente sono supporti, aminoacidi (colina, ad esempio). Dato che la dose media è di 500 grammi per quintale di alimento possiamo ricordare che in un quintale di alimento vi sono 75-100 grammi di particelle di almeno 20 principi attivi, con variazioni di quantità che possono andare da 1 grammo a 10 grammi per principio attivo. E’questo il momento di condividere la definizione. Se parlo di premiscela sto ad indicare che la finalità è quella di diluire in 800 grammi di supporto + aminoacidi quelle particelle di 150-200 grammi dei 20 principi attivi. Ma se mi limito alla loro diluizione le particelle come quantità e come caratteristiche saranno le stesse. Se fosse così che bisogno c’è di passare da una premiscela? Non sarebbe forse meglio immettere direttamente nel miscelatore del lotto di alimento le particelle dei 20 principi attivi? Se invece l’obiettivo è quello di assicurare il rispetto del teorico nella RQA esprimo il concetto che l’integrazione di ognuno dei 20 principi attivi, in quei dosaggi, è indispensabile all’integrazione dell’alimento per il raggiungimento del risultato zootecnico. Non è una differenza da poco. Anche se la premiscela viene venduta a 1 € e l’integratore viene venduto a 1€ sono due prodotti molto differenti. Nella premiscela abbiamo diluito quel numero di particelle facendo una operazione assolutamente inutile. Nell’integratore abbiamo tolto alle particelle dei 20 principi attivi l’instabilità della loro reattività. Abbiamo reso indifferente, neutro il comportamento delle singole particelle dei 20 principi attivi alle diverse tipologie e situazioni che incontrano o incontreranno nell’alimento e nell’ambiente. Non abbiamo minimamente accennato agli stress dovuti alla demiscelazione. Gli stress di demiscelazione (percolazione, segregazione, vibrazione, elutriazione) sono presenti sia nella produzione che nel trasporto che nella somministrazione degli alimenti e vengono controllati dal rispetto dell’indice di stabilità dell’alimento. Poco o niente possono fare, relativamente alla stabilità, 75-100 grammi di 20 principi attivi nella massa di 100.000 grammi di alimento. I 75-100 grammi di particelle dei 20 principi attivi se sono state premiscelate resteranno altamente instabili senza influenzare la massa dell’alimento: si depositeranno sui fondi, nei punti morti, ai piedi degli elevatori, nelle aspirazioni, nelle emissioni, ed anche potranno essere presenti nella RQA. Se i 75-100 grammi di 20 principi attivi sono contenuti nell’integratore significa che tutte le particelle sono state rese indifferenti e neutre rispetto all’alimento (granulometria più vicina a quella dell’alimento, assenza di particelle che possono depositarsi nei fondi e nelle emissioni) ed all’ambiente (rapporto idrolipofico neutro, indice di scorrevolezza, adesione ed emissione corretti). Ben diverse saranno le incombenze che spetteranno al produttore di alimenti, in fatto di responsabilità e di vero e proprio utilizzo di tempo e risorse per dimostrare che sta gestendo l’utilizzo di principi attivi. E tutto questo per 75-100 grammi per quintale di mangime? Non è più redditizio che il produttore di alimenti abbia definito e convalidato le specifiche dell’integratore (delle particelle di ciascuno dei 20 principi attivi) in entrata, di modo che non abbia alcuno spreco di tempo e risorse al riguardo? Ma se non stabilisce e non convalida le specifiche all’entrata può assumersene la responsabilità ed i costi? Fino a quando?

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ho operato da sempre nel settore dell'alimentazione degli animali da reddito in Europa e nel mondo. Benessere animale, sicurezza dei manipolatori, degli utilizzatori e dei consumatori sono le linee direttrici. Un aspetto importante è lo sviluppo durevole e i ruoli per i giovani nonché l'accessibilità per i meno abbienti a derrate alimentari sicure

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